Un sistema penitenziario al collasso
Il sistema penitenziario italiano è in una situazione di grave emergenza, con un tasso di affollamento reale che ha raggiunto il 130,6%. Ciò significa che ci sono circa 14mila persone in più rispetto ai posti letto regolamentari, un dato che evidenzia la profonda crisi del sistema. Il rapporto di Antigone, presentato a Roma, ha evidenziato come in 56 istituti il tasso di affollamento superi il 150%, e in 8 istituti si superi addirittura il 190%. Tra questi, spiccano Milano San Vittore maschile (227,3%), Brescia Canton Monbello (207,1%) e Foggia (199,7%). Solo 38 istituti non sono sovraffollati. Al 30 giugno, erano presenti nelle carceri italiane 61.480 detenuti, di cui 2.682 donne (4,4%) e 19.213 stranieri (31,3%).
Il rapporto sottolinea come il tasso di affollamento ufficiale del 120% non tenga conto dei posti non disponibili, che al 17 giugno erano 4.123. Questo dato conferma che il problema del sovraffollamento è reale e strutturale, e non un’emergenza passeggera. Il sovraffollamento ha un impatto devastante sulle condizioni di vita dei detenuti, con celle sovraffollate, carenze igienico-sanitarie e mancanza di assistenza. Le visite dell’Osservatorio di Antigone hanno evidenziato la presenza di celle senza acqua corrente, senza refrigerazione, senza luce o infestate da cimici. Ad Avellino, ad esempio, l’acqua corrente non era disponibile dalle 22 alle 6 del mattino, le celle presentavano infiltrazioni e muffa, e non erano dotate di doccia. A Bologna e Pavia, sono stati segnalati la presenza di scarafaggi e cimici da letto. In particolare, a Pavia, la sezione di isolamento e l’area psichiatrica presentavano condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, aggravate dal caldo e dal sovraffollamento. A Regina Coeli, le celle sono piccolissime e ospitano 2 o 3 persone su un unico letto a castello, con il wc e il lavandino in una piccola stanza adiacente senza intimità.
Il sovraffollamento non è solo un problema di spazio, ma ha un impatto profondo sulla salute mentale dei detenuti. Dal rapporto emerge che sono stati 58 i suicidi avvenuti in carcere dall’inizio dell’anno, 9 solo nel mese di luglio. Se il ritmo dovesse continuare, si rischia di superare il tragico record del 2022, che con 85 casi è passato alla storia come l’anno con più suicidi di sempre. Il dato più allarmante è che 27 persone si sono tolte la vita nei primi sei mesi di detenzione, di cui 8 erano in carcere solo da pochi giorni. Anche il numero di suicidi di persone in procinto di lasciare il carcere è significativo, con almeno 11 persone che si sono tolte la vita con una pena residua breve o prossime a richiedere una misura alternativa. Ad alcune di loro mancavano solo pochi mesi per rientrare in società.
Un problema strutturale
Il sovraffollamento carcerario non è una calamità naturale, ma un problema strutturale, aggravato da politiche repressive e da un’insufficiente attenzione al reinserimento sociale dei detenuti. L’associazione Antigone sottolinea come il governo abbia adottato una risposta di stampo securitario e repressivo, con l’emanazione di decreti legge o proposte di legge che cercherebbero di risolvere l’insicurezza sociale percepita con l’introduzione di molte nuove fattispecie di reato e l’incremento del ricorso alla custodia cautelare. Queste misure, alcune simboliche altre di grande impatto repressivo, colpiscono prevalentemente le fasce di popolazione più vulnerabili, aggravando il tasso di sovraffollamento carcerario e le condizioni di vita detentive, già al di sotto di standard adeguati. Il nuovo pacchetto sicurezza in discussione, secondo Antigone, potrebbe portare a una nuova ondata di affollamento carcerario. Il pacchetto, infatti, punirebbe disobbedienza e resistenza passiva, con l’arresto anche per chi si oppone in modo non violento.
Il rapporto di Antigone evidenzia anche come in quasi tre carceri su dieci le celle non assicurano i 3 metri quadrati a persona. Dalle 88 visite svolte dall’Osservatorio di Antigone negli ultimi 12 mesi, risulta che nel 27,3% degli istituti visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3 metri quadrati a testa di spazio calpestabile. Negli ultimi 12 mesi ci sono stati quasi quattromila detenuti in più nelle carceri (3.955 persone), un +6,9% che ha riguardato in misura sostanzialmente uguale anche le donne (+6,8%) e gli stranieri (+6,8%). La crescita è stata in media superiore alle 300 unità al mese fino a maggio. A giugno si è registrato un calo delle presenze rispetto al mese scorso (67), ma non c’è da sperare che questo sia indicativo di un’inversione di tendenza, si tratta probabilmente dei permessi premio concessi in maggior numero nel periodo estivo. Anche nel 2023, tra maggio e giugno si registrò un leggero calo delle presenze, ma a seguire i detenuti sono tornati a crescere prepotentemente. In aumento anche il numero di presenze in istituti minorili. Sono stati 586 gli ingressi nei 17 istituti penali per Minorenni d’Italia nei primi mesi del 2024 (fino al 15 giugno). Nel corso del 2023 erano stati 1.142, il numero più alto degli ultimi anni. A metà giugno 2024 erano 555 i giovani ristretti (di cui 25 ragazze). Le presenze sarebbero ancora maggiori se non fosse per la pratica, resa più facile dal Decreto Caivano, di trasferire nelle carceri per adulti chi ha compiuto la maggiore età pur avendo commesso il reato da minorenne, interrompendo così la relazione educativa.
Verso un carcere ‘costituzionale’
L’associazione Antigone propone 15 misure per “tornare a un carcere ‘costituzionale'”. Tra le proposte: approvare misure che consentano telefonate quotidiane, dotare tutte le celle di tutti gli istituti di ventilatori o aria condizionata e frigoriferi, assumere 1000 giovani mediatori culturali e 1000 giovani educatori e assistenti sociali, moltiplicare la presenza di psichiatri, etno-psichiatri e medici, chiudere le sezioni di isolamento e formare nuclei di poliziotti ed educatori e medici capaci di gestire collegialmente i casi difficili in modo da evitare che degenerino. Al primo punto c’è il ritiro del pacchetto sicurezza (in via di approvazione) che “introduce nuove fattispecie di reato tra cui quello di rivolta penitenziaria (che sanziona fino a 8 anni anche tre persone che con resistenza passiva e non violenta disobbediscono a un ordine dell’autorità) e che vuole far scontare in carcere la pena alle donne in stato di gravidanza o con un bimbo di età inferiore a un anno” sottolinea l’associazione.
La necessità di un cambio di rotta
Il sovraffollamento carcerario è un problema complesso che richiede un cambio di rotta nell’approccio alla giustizia penale. Le politiche repressive e il ricorso alla custodia cautelare non sono la soluzione, ma anzi aggravano il problema. È necessario investire in misure alternative alla detenzione, in programmi di reinserimento sociale e in un sistema di giustizia penale più equo e umano. La dignità dei detenuti deve essere tutelata, e le loro condizioni di vita devono essere migliorate. Un carcere ‘costituzionale’ è un carcere che rispetta i diritti umani e che offre la possibilità di reinserimento sociale.