La vendetta per gelosia
Un feroce pestaggio, scaturito da una gelosia sentimentale, ha visto come vittima un giovane di 20 anni di nazionalità marocchina. L’aggressione, avvenuta il 29 giugno scorso a Trieste, è stata compiuta da cinque ragazzi kosovari, individuati dalla Squadra Mobile locale. Il movente della violenza sarebbe legato a un’accesa rivalità per l’affetto di una ragazza triestina, fidanzata con la vittima.
Il quotidiano Il Piccolo riporta che il giovane kosovaro, che aveva fatto avances alla fidanzata del marocchino su Instagram, aveva scatenato la furia del suo rivale. Dopo un’accesa discussione, non è escluso che i due abbiano avuto anche una colluttazione. In seguito, il kosovaro ha chiamato i suoi amici per vendicarsi.
Il pomeriggio del 29 giugno, i cinque giovani hanno aspettato il ventenne in un bar di piazza Garibaldi. Quando la vittima è scesa da un autobus, il gruppo l’ha inseguita a piedi e in auto, armati di mazze. Il giovane è stato raggiunto in viale D’Annunzio, immobilizzato e colpito ripetutamente con le mazze.
I cinque aggressori hanno poi caricato il giovane in auto, lo hanno rapinato del cellulare e di 300 euro in contanti. Per umiliarlo ulteriormente, hanno chiamato la fidanzata del ventenne e le hanno mostrato il suo compagno sanguinante e tramortito. Infine, lo hanno riportato in via Tarabocchia, dove lo hanno scaricato in strada.
La vittima scompare, gli aggressori arrestati
Il ventenne, trasportato in ospedale, è guarito dopo alcuni giorni. Al momento della dimissione, però, non ha sporto denuncia né rilasciato dichiarazioni. Il quotidiano ipotizza che il giovane abbia lasciato la città, temendo ulteriori ritorsioni.
La Procura ha indagato i cinque kosovari per lesioni personali aggravate e sequestro di persona. La Squadra Mobile ha perquisito le loro abitazioni, trovando e sequestrando quattro mazze da baseball e un coltello.
La violenza e il silenzio
Questo episodio di violenza gratuita, scatenato da un sentimento di gelosia, pone in evidenza la fragilità del tessuto sociale e la difficoltà di affrontare conflitti in modo pacifico. La scelta della vittima di non denunciare l’accaduto è comprensibile, ma allo stesso tempo preoccupante. Il silenzio non risolve il problema, ma lo alimenta. La giustizia deve essere fatta, e la comunità deve essere consapevole di questi episodi per poter intervenire e prevenire simili atti di violenza.