Proscioglimento per incapacità di intendere e volere
Il Tribunale militare di Verona ha emesso una sentenza di proscioglimento per incapacità di intendere e volere nei confronti del brigadiere dei carabinieri Antonio Milia, accusato dell’omicidio del suo comandante, il maresciallo Doriano Furceri. L’evento tragico si è verificato nell’ottobre del 2021 all’interno della caserma dei carabinieri di Asso, in provincia di Como, quando Milia ha sparato al superiore con l’arma di ordinanza.
Dopo l’omicidio, il brigadiere si è barricato all’interno della caserma ed è stato arrestato solo la mattina successiva a seguito di un intervento dei corpi speciali del Gis. La Procura militare aveva richiesto una condanna a 24 anni di carcere per Milia, ma i giudici hanno accolto le conclusioni dei consulenti d’ufficio, secondo cui la patologia di cui soffriva il brigadiere lo ha reso incapace di comprendere le proprie azioni.
Il Tribunale ha disposto per l’imputato una misura di sicurezza di cinque anni di permanenza in comunità terapeutica.
Indagine sulla commissione medica militare
La sentenza del Tribunale militare ha sollevato dubbi sulla commissione medica militare che aveva riammesso in servizio il brigadiere Milia, autorizzandolo all’uso dell’arma di ordinanza, nonostante la sospensione decisa dai suoi superiori a causa di preoccupazioni riguardo al suo stato psichico.
L’omicidio è avvenuto pochi giorni dopo il rientro in servizio di Milia ad Asso, a seguito di una decisione della commissione medica militare. Per questo motivo, il Tribunale ha deciso di inviare gli atti del processo alla Procura ordinaria di Como, affinché indaghi sulla condotta della commissione medica militare.
Domande aperte sulla salute mentale e la sicurezza
La sentenza solleva importanti questioni sulla gestione della salute mentale all’interno delle forze dell’ordine. È fondamentale garantire che i protocolli di valutazione psichiatrica siano rigorosi e che le decisioni di riammissione in servizio siano prese con la massima attenzione, soprattutto quando si tratta di personale armato. La vicenda pone interrogativi anche sulla sicurezza all’interno delle caserme e sulla necessità di un’adeguata assistenza psicologica per i militari.