Roma – La politica estera italiana torna al centro di un acceso dibattito interno alla maggioranza di governo. Il tema, ancora una volta, è il sostegno militare all’Ucraina. A riaccendere i riflettori sulla questione sono state le parole del ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha confermato l’intenzione dell’esecutivo di approvare un nuovo decreto per l’invio di armi a Kiev “prima della fine dell’anno”. Una dichiarazione che non solo delinea la traiettoria del governo, ma che suona anche come una netta presa di posizione nei confronti delle perplessità espresse dall’alleato e vicepremier, Matteo Salvini.
La linea del Governo: continuità e rispetto degli impegni
Parlando a margine di un convegno sulla giustizia organizzato da Forza Italia a Montecitorio, Tajani ha voluto essere inequivocabile: “La posizione è quella indicata dal presidente del Consiglio che io condivido”. Con queste parole, il titolare della Farnesina ha blindato la linea della premier Giorgia Meloni, che anche recentemente dal Bahrein aveva assicurato la continuità del supporto a Kiev, definendo la proroga degli aiuti una “questione logistica” da approvare in uno dei prossimi Consigli dei ministri. L’obiettivo, ribadito da entrambi, è quello di rispettare gli impegni presi in ambito internazionale e di garantire all’Ucraina il diritto alla legittima difesa “finché c’è una guerra”.
Il decreto in questione prorogherebbe l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, una misura in vigore dal febbraio 2022 e rinnovata di anno in anno. Nonostante un recente slittamento del provvedimento dall’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri, fonti governative assicurano che si tratta solo di un rinvio tecnico dovuto a un’agenda fitta e che il testo verrà approvato entro la scadenza del 31 dicembre.
Le crepe nella maggioranza: il “no” della Lega
La posizione ferma di Meloni e Tajani si scontra però con il dissenso, sempre più esplicito, della Lega. Matteo Salvini ha più volte manifestato la sua contrarietà a nuovi invii di armi, adducendo motivazioni che vanno dal rischio di “alimentare la corruzione a Kiev” alla necessità di non ostacolare i negoziati di pace. Il leader del Carroccio, che in passato ha auspicato di poter “tornare a volare a Mosca”, spinge per un cambio di passo, sostenendo che continuare a inviare armamenti allontani una soluzione diplomatica del conflitto.
Questa divergenza di vedute ha causato lo slittamento del decreto e sollevato interrogativi sulla compattezza della maggioranza su un tema così cruciale per la collocazione internazionale del Paese. Le obiezioni della Lega, secondo diverse analisi, rispecchierebbero anche un sentimento diffuso in una parte dell’opinione pubblica italiana, tradizionalmente più cauta sugli interventi militari.
La politica estera: una questione di competenze
Di fronte alle incalzanti domande sulla posizione di Salvini, la risposta di Tajani è stata tanto diplomatica quanto ferma: “Ognuno è libero di dire quello che vuole, ma la politica estera è di competenza del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri”. Una frase che serve a marcare il territorio e a ribadire la gerarchia delle responsabilità all’interno dell’esecutivo. Sebbene le diverse sensibilità all’interno della coalizione siano un dato di fatto, la linea ufficiale, ha lasciato intendere Tajani, viene decisa e portata avanti da chi ne ha la prerogativa istituzionale.
L’Italia, dal 2022, ha già approvato diversi pacchetti di aiuti militari a Kiev, contribuendo allo sforzo internazionale a sostegno dell’Ucraina con forniture che includono sistemi di difesa aerea, mezzi blindati e addestramento. Il prossimo decreto si inserirebbe in questa cornice, confermando l’allineamento dell’Italia ai partner della NATO e dell’Unione Europea, nonostante le turbolenze politiche interne.
Scenari futuri: tra negoziati e sostegno continuo
Mentre il dibattito politico si infiamma, l’obiettivo dichiarato dal governo resta il raggiungimento della pace. “Il nostro obiettivo principale è la pace. E anche se non ci sarà la pace continueremo ad aiutare Kiev”, ha aggiunto Tajani. La speranza, ha concluso, è che “il prima possibile non servano più le armi, perché vuol dire che sarà arrivata la pace”. Tuttavia, fino a quel momento, la strada tracciata da Palazzo Chigi e dalla Farnesina sembra essere quella della fermezza e del sostegno a oltranza. Resta da vedere come le tensioni con la Lega verranno gestite e se il voto sul prossimo decreto in Consiglio dei Ministri e in Parlamento vedrà una maggioranza unita o segnerà un’ulteriore, visibile frattura.
