Operazione antimafia: direttive dal carcere e riciclaggio
Un’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Napoli, dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Napoli, dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli e dallo Scico della Guardia di Finanza ha portato all’esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine ha svelato che alcuni membri del clan Contini, componente di rango dell’Alleanza di Secondigliano, pur essendo detenuti al 41bis, continuavano a impartire direttive ai loro uomini di fiducia. Le loro azioni includevano la gestione di strategie criminali e imprenditoriali del clan, oltre a tentativi di dissuadere i pentiti dalla collaborazione con la giustizia.L’ordinanza ha disposto la custodia cautelare in carcere per quattro persone, di cui due già detenute, mentre altri nove indagati hanno subito il sequestro di due immobili intestati a prestanome e di denaro, per un totale di oltre 353mila euro, ritenuti proventi di riciclaggio.
Reati contestati e strategie criminali
Gli inquirenti hanno contestato ai soggetti coinvolti reati come associazione mafiosa, minaccia, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, riciclaggio e autoriciclaggio. Tre dei quattro arrestati sono accusati di associazione mafiosa.Le indagini hanno inoltre evidenziato un cambio di strategia tra l’Alleanza e il clan Mazzarella, che fino a quel momento avevano mantenuto una sorta di ‘pace mafiosa’. Gli indagati, nonostante la detenzione, avrebbero anche impartito indicazioni sulla distribuzione degli stipendi agli affiliati.
Riciclaggio di proventi illeciti
Due degli arrestati sono accusati di aver riciclato proventi illeciti attraverso società intestate a prestanome, operanti nella gestione dei rifiuti ferrosi, nella telefonia e negli affitti di immobili. Secondo le indagini, i soldi provenivano da truffe realizzate vendendo orologi di lusso contraffatti a facoltosi imprenditori, anche all’estero.
L’ombra del 41bis
L’indagine mette in luce la complessità del fenomeno mafioso e la capacità dei clan di mantenere il controllo anche da dietro le sbarre. Il 41bis, pur essendo un regime di carcerazione duro, non sembra aver impedito completamente l’attività direttiva dei capi clan. Questo solleva interrogativi sulla reale efficacia del regime e sulla necessità di rivedere le strategie di contrasto al crimine organizzato.