Davi al Pride con Kippah arcobaleno e critica all’Arcigay
Il giornalista e massmediologo Klaus Davi ha annunciato la sua partecipazione al Pride di Milano, dichiarando di sfoggerà una Kippah colorata arcobaleno Lgbt, regalo del presidente di Keshet Italia, gruppo ebraico Lgbtqai+, Raffaele Sabbadini. Davi sfilerà a fianco del carro dell’associazione ‘Certi Diritti’ portando anche la bandiera simbolo delle associazioni ebraiche con la Stella di David.
Davi ha espresso apertamente la sua intenzione di non farsi intimidire dall’antisemitismo, accusando parte della sinistra (specificando che non tutta) di alimentare questo fenomeno. Ha poi rivolto una critica all’Arcigay, affermando che l’organizzazione “ama così tanto i nostri stessi assassini”, senza fornire dettagli su chi siano questi “assassini” e quali siano le motivazioni della sua critica.
La posizione di Davi e la risposta di Alice Redaelli
Davi ha dichiarato di non essere “fatto per gli aventini”, preferendo confrontarsi con situazioni difficili, come ha fatto in passato a San Luca, Ponticelli e nella comunità islamica di Viale Jenner. Si dice pronto ad affrontare sputi e insulti, essendovi ormai abituato.
Il giornalista ha poi commentato l’auspicio di un cessate il fuoco da parte di Alice Redaelli, presidente di Cig Arcigay Milano, chiedendole perché non si va a dichiarare lesbica a Gaza invece di fare la “splendida” a Milano. Davi ha accusato Redaelli di teorizzare il genocidio stando comodamente a Milano, senza impegnarsi in azioni concrete.
Un’analisi critica delle dichiarazioni di Davi
Le dichiarazioni di Davi sollevano diverse questioni. La sua critica all’Arcigay, pur non specificando chi siano gli “assassini” a cui si riferisce, sembra basarsi su un’accusa generica e vaga, che potrebbe alimentare l’odio e la divisione. Inoltre, la sua affermazione secondo cui l’Arcigay “ama” questi assassini è un’interpretazione discutibile e priva di fondamento. Le sue parole nei confronti di Alice Redaelli, accusandola di teorizzare il genocidio, sono altrettanto gravi e non supportate da prove concrete. È importante ricordare che le accuse di questo tipo devono essere formulate con cautela e basate su fatti concreti, evitando di diffondere disinformazione e odio.