Un’analisi critica dell’arte durante il fascismo
Il critico d’arte Vittorio Sgarbi si addentra nel controverso rapporto tra arte e fascismo nel suo nuovo libro Arte e Fascismo. Nell’arte non c’è fascismo, nel fascismo non c’è arte, in uscita il 2 luglio per La nave di Teseo. L’opera, arricchita da una prefazione di Pierluigi Battista e da 32 tavole fotografiche a colori, si propone di recuperare dall’oblio opere e artisti che hanno caratterizzato il ventennio fascista, distinguendoli dalla tragica parabola politica che li ha accompagnati.
Secondo Sgarbi, “Il Fascismo è l’opposto dell’Arte, ma non c’è Arte che il Fascismo possa limitare. L’artista può fare qualunque cosa gli chieda il potere, ma la sua idea sarà più forte di quel potere”. Il critico d’arte distingue quindi l’espressione artistica dal potere, gli artisti dal regime, salvando dall’oblio figure come de Chirico, Morandi, Martini, Wildt, Guidi, e il grande periodo dell’architettura e della grafica, includendo anche Depero, il Futurismo e altri artisti, fino alla scoperta di due scultori mai riconosciuti dalla critica.
Un’epoca artistica ricca e complessa
Il libro ripercorre il periodo storico che va dalla marcia su Roma del 1922 fino al 1945, anni che, secondo la storia, rappresentano il momento più triste del secolo scorso. Sgarbi analizza un periodo in cui nell’arte fioriscono movimenti come ‘Valori Plastici’ e ‘Novecento’, con il gruppo di artisti che si riuniva attorno a Margherita Sarfatti. La ricchezza di esperienze, autori e circoli di questo periodo è tale che, come afferma la studiosa Elena Pontiggia, “gli anni Trenta non sono un decennio, mi fanno pensare a un secolo”
Sgarbi traccia il filo conduttore dell’arte in un percorso che inizia prima del fascismo, si sviluppa durante il ventennio e viene poi cancellato dopo la fine del regime, insieme alla condanna del fascismo stesso.
Un’analisi controcorrente
L’opera di Sgarbi si presenta come un’analisi controcorrente, che cerca di separare l’arte dal contesto politico del fascismo. Questo approccio, pur potendo essere interessante, solleva interrogativi sull’effettiva possibilità di scindere completamente l’arte dal contesto storico e sociale in cui si sviluppa. È indubbio che il fascismo abbia influenzato l’arte in diversi modi, sia in termini di censura che di promozione di determinate tendenze artistiche. Sarebbe interessante approfondire come Sgarbi affronta questa complessità nel suo libro, analizzando le opere e gli artisti in questione alla luce del contesto storico e politico.