Assoluzione confermata in appello
La Corte d’Appello di Milano ha confermato l’assoluzione di Raffaele Meola, ex sindacalista in servizio a Malpensa, dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una hostess. L’episodio risale al 2018 e riguardava una vertenza sindacale che la donna aveva richiesto a Meola.
L’avvocato di Meola, Ivano Chiesa, ha rilasciato una nota in cui spiega che il suo assistito non ha percepito un dissenso immediato, ma si è fermato subito dopo il diniego della donna. Secondo Chiesa, l’approccio precedente all’espressione del dissenso non può integrare il reato, soprattutto considerando che il contatto è durato 30 secondi e si è svolto in silenzio.
Reazioni contrastanti
La sentenza ha suscitato reazioni contrastanti. L’Associazione Differenza Donna ha bollato la sentenza come un ‘passo indietro di 30 anni’, mentre l’avvocato Chiesa ha parlato di ‘diritto penale applicato dai Giudici di merito’ e ha criticato i commenti che, a suo dire, sono frutto di ‘moralismo becero’ e ‘disprezzo verso la funzione giudiziaria’.
Chiesa ha anche sottolineato che il suo assistito è stato additato al pubblico ludibrio nonostante l’assoluzione, con la pubblicazione del suo nome e cognome come se fosse stato condannato. Ha annunciato che Meola ha dato mandato di agire in sede giudiziaria per tutelare la sua immagine e la sua onorabilità.
Interpretazioni e complessità
La sentenza solleva interrogativi importanti sul delicato tema della violenza sessuale e sull’interpretazione del reato. La questione dei ’30 secondi’ e del comportamento silenzioso pone in luce la complessità di valutare il consenso e la percezione del dissenso in situazioni di contatto fisico. È fondamentale ricordare che ogni caso deve essere valutato in modo specifico, tenendo conto del contesto e delle prove presentate.