Richiesta di condanna per Martina Patti
La Procura di Catania ha richiesto una condanna a 30 anni di reclusione per Martina Patti, la 25enne che ha confessato l’omicidio della figlia Elena, di quasi 5 anni. La piccola è stata uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e il suo corpo è stato seppellito in un campo vicino alla casa della donna a Mascalucia.
Il procuratore aggiunto Fabio Scavone e la sostituta Assunta Musella hanno chiesto di riconoscere le attenuanti generiche, tenendo conto della confessione e della collaborazione dell’imputata, nonché della sua giovane età, ritenute equivalenti alle aggravanti contestate.
Il processo si celebra davanti alla prima Corte d’assise, presieduta da Sebastiano Mignemi. L’accusa contesta a Martina Patti i reati di omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato.
I nonni paterni e il padre della piccola vittima si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Barbara Ronsivalle. L’imputata è difesa dagli avvocati Gabriele Celesti e Tommaso Tamburino. La sentenza è prevista per il 12 luglio.
Le indagini e la confessione
Le indagini sono state condotte dai Carabinieri del comando provinciale di Catania. Secondo l’accusa, Martina Patti avrebbe ucciso la figlia nel luogo del ritrovamento del corpo, un campo abbandonato vicino alla sua abitazione. Successivamente avrebbe inscenato il sequestro della bambina, sostenendo che fosse stata rapita all’uscita dall’asilo.
Martina Patti ha confessato il delitto, ma non ha ancora fornito spiegazioni sul movente. La sera prima dell’omicidio, la bambina aveva dormito dai nonni. La mattina seguente, la zia l’ha accompagnata all’asilo e la madre è andata a riprenderla, tornando a casa a Mascalucia.
In seguito, Martina Patti è uscita di nuovo con l’auto, probabilmente per creare un alibi, e poi è tornata a casa. E’ in quel lasso di tempo che si sarebbe consumato il delitto. La donna avrebbe seppellito il corpo della figlia in cinque sacchi di plastica nera, semi-sotterrandolo con una pala e un piccone.
La messinscena e la denuncia del falso sequestro
Dopo aver ucciso la figlia, Martina Patti ha messo in scena un falso sequestro. Ha telefonato ai genitori e al padre di Elena, il suo ex compagno Alessandro Del Pozzo, per denunciare il rapimento. Poi è tornata a casa e, accompagnata dai suoi genitori, si è recata dai Carabinieri per denunciare il falso sequestro.
Ai militari dell’Arma, la donna ha collegato il sequestro ad alcune minacce che l’ex convivente avrebbe ricevuto nel 2021, trovando un oggetto minaccioso davanti al cancello di casa. Tuttavia, la sua versione non ha retto alle indagini e alle contestazioni della Procura di Catania.
Un delitto atroce e un mistero irrisolto
La richiesta di condanna per Martina Patti evidenzia la gravità del reato commesso, un atto di violenza inaudita ai danni di una bambina innocente. Il movente del delitto rimane ancora un mistero, alimentando interrogativi e riflessioni sulla dinamica degli eventi. La sentenza, prevista per il 12 luglio, dovrà fare luce su questa tragedia e cercare di dare risposte alle tante domande che rimangono aperte.