Una carriera segnata da scelte coraggiose
La notizia della scomparsa di Donald Sutherland, avvenuta il 20 giugno, non ha colto di sorpresa la comunità di Hollywood, visto che l’attore era malato da tempo e si trovava a Miami, lontano dal suo Canada a cui aveva giurato eterna fedeltà. All’età di 22 anni, dopo aver conseguito un diploma in ingegneria, Sutherland scelse la strada della recitazione, iscrivendosi all’Accademia d’arte e recitazione di Londra e poi intraprendendo una stagione teatrale in Scozia. Dopo aver fatto gavetta in televisione con ruoli minori per la BBC e la Hammer, la sua fortuna giunse grazie a un ruolo nel serial “Il Santo” a fianco di Roger Moore, che lo convinse a partecipare al casting di “Quella sporca dozzina” di Robert Aldrich. Il successo del film nel 1967 aprì le porte di Hollywood al giovane attore, che si ritrovò a recitare accanto a nomi come Lee Marvin e Charles Bronson.
Tra Hollywood e il cinema europeo
Nato nel 1935 nel distretto canadese di New Brunswick, Donald Sutherland ha sangue scozzese, tedesco e inglese. Questa duplicità culturale si riflette nella sua carriera, che ha visto il successo sia a Hollywood che nel cinema europeo. Il suo vero e proprio debutto sul grande schermo avvenne nel 1964 con “Il castello dei morti vivi”, girato in Italia da Lorenzo Sabbatini. Dopo il successo americano, Sutherland si ritrovò al centro dello star system e poté scegliere ruoli che si adattavano al suo stile recitativo, caratterizzato da ironia, understatement e una voce inconfondibile. Si distinse per il suo impegno politico, condividendo le idee della sua seconda compagna Jane Fonda, tanto da finire sotto la lente dell’FBI come possibile sovversivo per le sue dichiarazioni contro la guerra in Vietnam.
Collaborazioni memorabili
Tra le figure chiave della sua carriera, si ricorda Robert Altman, con cui Sutherland collaborò in film come “Mash” (1970) e “Una squillo per l’ispettore Klute” di Alan J. Pakula. Gli anni ’70 segnarono la sua consacrazione con film come “A Venezia un dicembre rosso smoking” di Nick Roeg, “Il giorno della locusta” di John Schlesinger e “Animal House” di John Landis. Ma è l’Italia a regalargli alcuni dei ruoli più memorabili: il lunare Giacomo Casanova in “Casanova” di Federico Fellini e lo spietato Attila in “Novecento” di Bernardo Bertolucci.
Un talento versatile e riconosciuto
Negli anni ’80 e ’90, Sutherland ha continuato a interpretare ruoli di grande spessore in film come “La cruna dell’ago”, “Gente comune”, “Revolution”, “I delitti del rosario”, “JFK”, “Rivelazioni” e la saga di “Hunger Games”.La sua presenza sullo schermo era sempre magnetica, nonostante non fosse considerato un bell’uomo, possedeva un fascino irresistibile e si muoveva con la leggerezza di un ballerino. Era un attore versatile, capace di interpretare ruoli da eroe, ma anche da cattivo, sempre con grande maestria. La sua voce baritonale e vellutata lo ha reso anche un grande narratore, tanto che ha prestato la voce alle olimpiadi invernali di Halifax. Il Canada lo ha omaggiato un anno fa con un francobollo a lui dedicato.
Un simbolo della dualità canadese
Donald Sutherland incarnava perfettamente la dualità culturale del Canada: un cuore europeo e una superficie americana. Era un uomo colto, appassionato d’arte e innamorato dell’Italia, un vero simbolo del suo paese.
Un’eredità artistica indelebile
La scomparsa di Donald Sutherland lascia un vuoto nel panorama cinematografico internazionale. La sua carriera, ricca di ruoli iconici e collaborazioni prestigiose, ha lasciato un’eredità artistica indelebile. La sua capacità di interpretare personaggi complessi e sfumati, unita alla sua presenza scenica magnetica, lo hanno reso uno degli attori più amati e rispettati del mondo. La sua eredità continuerà a ispirare le nuove generazioni di attori.