Viganò rifiuta la convocazione del Vaticano
Monsignor Carlo Maria Viganò, ex Nunzio negli Stati Uniti, ha dichiarato di non avere intenzione di presentarsi al processo extragiudiziale indetto dal Dicastero della Dottrina della Fede, accusandolo di scisma. In una nota, Viganò ha affermato di non essersi recato in Vaticano e di non avere intenzione di recarsi al Sant’Uffizio il 28 giugno, aggiungendo di non aver consegnato alcun documento a sua difesa al Dicastero, la cui autorità, insieme a quella del suo Prefetto e di chi lo ha nominato, non riconosce.
Critiche al processo e accuse al Vaticano
Viganò ha definito il processo una “farsa”, sostenendo che coloro che dovrebbero giudicarlo imparzialmente per difendere l’ortodossia cattolica sono gli stessi che accusa di eresia, tradimento e abuso di potere. Ha quindi ribadito la sua intenzione di non sottoporsi a un processo che considera illegittimo.
La “chiesa” di Bergoglio e lo scisma
L’ex ambasciatore vaticano ha dichiarato che le accuse di scisma da parte del Vaticano sono per lui un motivo di “onore e di vanto”, sostenendo che la “chiesa” di Bergoglio non è la Chiesa Cattolica, ma una “chiesa conciliare” nata dal Concilio Vaticano II e recentemente ribattezzata con il nome “non meno ereticale” di “chiesa sinodale”.
Considerazioni sul caso Viganò
Il rifiuto di Viganò di partecipare al processo rappresenta un’ulteriore escalation del conflitto tra l’ex Nunzio e il Vaticano. Le accuse di eresia e di scisma lanciate da Viganò contro la “chiesa” di Bergoglio evidenziano una profonda divisione all’interno della Chiesa Cattolica, con Viganò che si pone come un critico apertamente ostile al pontificato di Papa Francesco. La vicenda solleva interrogativi sulla gestione dei conflitti interni alla Chiesa e sulle possibili conseguenze di questa profonda divisione.