Un gene ‘anti-età’ scoperto dopo 9 anni di ricerca
Una ricerca internazionale durata 9 anni, guidata dall’Università di Padova e con la collaborazione di altri istituti di ricerca italiani, ha portato alla scoperta di un gene potenzialmente in grado di influenzare l’invecchiamento, denominato Mytho. Lo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, si è concentrato sul verme Caenorhabditis Elegans, un modello animale comunemente utilizzato nei laboratori di genetica.
Secondo i risultati della ricerca, la disattivazione del gene Mytho ha portato a un invecchiamento cellulare precoce e ad una riduzione della durata della vita nei vermi. Al contrario, l’attivazione del gene ha dimostrato di mantenere un buono stato di salute per un periodo di tempo più lungo.
L’origine della scoperta e il ruolo di Mytho
La scoperta di Mytho è nata da una ricerca informatica che mirava a identificare geni ancora sconosciuti nel genoma umano. Tra i diversi candidati, il gene Mytho ha attirato l’attenzione per la sua elevata conservazione tra diverse specie animali, dall’uomo ai vermi, come spiega Anais Franco Romero, prima autrice dello studio insieme a Valeria Morbidoni.
Le ricerche hanno dimostrato che Mytho regola l’autofagia, un processo cellulare fondamentale per la rimozione di proteine e altre componenti danneggiate all’interno delle cellule. Questo meccanismo potrebbe essere fondamentale per rallentare l’invecchiamento cellulare e mantenere un buono stato di salute.
Potenziali implicazioni per la salute umana
La scoperta del gene Mytho apre nuove prospettive per la ricerca sull’invecchiamento e sulle malattie legate all’età. Sebbene gli studi siano stati condotti su un modello animale, i risultati suggeriscono che Mytho potrebbe avere un ruolo importante anche nell’invecchiamento umano. Ulteriori ricerche saranno necessarie per comprendere appieno il ruolo di questo gene nell’uomo e per valutare il suo potenziale terapeutico.