
Le dichiarazioni di Luciano Garofano
Luciano Garofano, biologo ed ex comandante del Ris di Parma, ha espresso perplessità in merito alla riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco. “Non conosco la consulenza prodotta dalla difesa del signor Stasi, che sarei curioso di leggere, ma posso dire che le tracce di dna trovate sotto le unghie della povera Chiara non erano idonee per una identificazione personale”, ha dichiarato Garofano.
Garofano, che si occupò del caso quando era comandante dei Ris, ha aggiunto: “Sono sorpreso e incuriosito di leggere la consulenza e le conclusioni a cui arriva, ma le tracce di dna che vennero prelevate sono e rimangono tali”.
La questione del DNA
La questione della qualità e quantità del DNA ritrovato sul corpo di Chiara Poggi è stata centrale fin dalle prime fasi delle indagini. Già all’epoca, il professor Francesco De Stefano, genetista, aveva evidenziato come il materiale genetico a disposizione fosse talmente degradato da rendere impossibile qualsiasi considerazione in termini di identità o esclusione. “Quello prelevato all’epoca era un profilo parziale e incompleto e non c’è nuova tecnologia che tenga: le tracce – ribadisce interpellato dall’ANSA l’ex generale dell’Arma Garofano – sono e rimangono tali. Può esserci una diversa interpretazione, magari più precisa, ma a mio avviso rimane sempre il limite di un profilo molto parziale”.
Le impronte di scarpe
Un altro elemento chiave del caso riguarda le impronte di scarpe trovate sulla scena del crimine. Garofano ha commentato la decisione della Cassazione di riaprire il caso, definendola condivisibile nella parte in cui critica il Gip per aver archiviato la questione delle impronte senza fornire adeguate motivazioni. “Da quanto ho letto in merito alla sentenza – dice al riguardo – credo che la decisione della Cassazione di riaprire il caso sia condivisibile nella parte in cui critica il Gip per avere archiviato senza motivare in modo adeguato la questione delle impronte”.
Il contesto del caso di Garlasco
L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Alberto Stasi, all’epoca fidanzato della vittima, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio. Nonostante la condanna, il caso continua a sollevare interrogativi e a essere oggetto di dibattito, come dimostra la recente decisione della Cassazione di riaprire l’inchiesta su alcuni aspetti specifici.
La riapertura del caso è stata motivata dalla necessità di approfondire ulteriormente alcuni elementi probatori, tra cui le tracce di DNA e le impronte di scarpe, al fine di chiarire eventuali zone d’ombra e garantire un processo equo e completo.
Riflessioni sulla riapertura del caso
La riapertura del caso di Chiara Poggi, sebbene a distanza di anni, sottolinea l’importanza di non trascurare alcun dettaglio e di continuare a cercare la verità, anche quando le indagini sembrano concluse. Le dichiarazioni di Garofano evidenziano la complessità delle indagini scientifiche e la necessità di interpretare i risultati con cautela, tenendo conto dei limiti delle tecnologie e delle possibili interpretazioni alternative. Resta fondamentale garantire un processo equo e trasparente, nel rispetto dei diritti di tutte le parti coinvolte.