
Un’infanzia torinese e il desiderio di ribellione
Lidia Ravera, in ‘Volevo essere un uomo’ (Einaudi, pag. 138, Euro 15,00), traccia un ponte tra passato e futuro, analizzando il presente attraverso le lenti della sua esperienza personale. Il libro si apre con l’infanzia a Torino, in una famiglia che, secondo la sua percezione, avrebbe preferito un figlio maschio. Questo sentimento di non essere desiderata alimenta in lei una ribellione precoce contro gli schemi imposti.
Le fughe diventano una costante: da Torino a Venezia, dove si iscrive a cinese e russo senza mai sostenere esami, poi Milano, per la prima convivenza, fino a Roma, una città che doveva essere una parentesi di una settimana e si trasforma in una residenza di quarantotto anni. Queste peregrinazioni sono il filo conduttore di un racconto appassionato che svela la sua formazione, antecedente al successo di ‘Porci con le ali’.
Il successo inatteso di ‘Porci con le ali’ e la critica al femminismo contemporaneo
Il libro narra anche dell’inatteso successo di ‘Porci con le ali’, un’opera che ha segnato la sua carriera ma che il suo compagno d’avventure, Marco Lombardo Radice, accolse con distacco. Ravera descrive quel successo come un’aquila rapace piombata su due giovani impreparati. Era il 1976, e lei, a soli 25 anni, aveva già alle spalle un bagaglio di bugie, fallimenti e fughe, motivati dalla volontà di superare il divario di genere.
La scrittrice non risparmia critiche al femminismo contemporaneo, accusandolo di non mettere in discussione i fondamenti, come l’ossessione per il modello estetico imposto alle donne. Ravera sottolinea come l’ultimo degli uomini goda di un vantaggio innato rispetto alla prima delle donne, una disparità che ha cercato di colmare attraverso la sua opera e il suo impegno civile.
Curiosità e critica: i pilastri di una vita
La vita di Lidia Ravera è stata caratterizzata da un ‘disordine fecondo’, una costante ricerca e sperimentazione che oggi sembra affievolirsi di fronte all’avvento di un’era dominata da esseri artificiali. Tuttavia, la sua curiosità rimane intatta, così come il suo spirito critico, esercitato con la libertà che ha sempre contraddistinto la sua esistenza.
Ravera si interroga sul perché del desiderio di essere uomo, se non per calcolo, opportunità, pigrizia o paura. Ma soprattutto, per partecipare a quella tradizione virile di reciproco riconoscimento e valorizzazione, un aspetto in cui le donne, a suo dire, sono ancora in fase di apprendimento.
Un’analisi introspettiva e sociale
‘Volevo essere un uomo’ è un’opera che va oltre l’autobiografia, diventando un’analisi lucida e appassionata della condizione femminile e delle sfide che le donne hanno affrontato e continuano ad affrontare. Lidia Ravera, con la sua prosa tagliente e sincera, ci invita a riflettere sul significato di libertà, uguaglianza e identità in un mondo in continua evoluzione.