
Il femminicidio come reato autonomo: una risposta ferma alla violenza di genere
Alla vigilia dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera a un disegno di legge che segna un punto di svolta nella lotta contro la violenza di genere in Italia. L’introduzione del delitto di femminicidio come autonoma fattispecie penale, punibile con il massimo della pena, l’ergastolo, rappresenta un segnale forte e inequivocabile da parte dello Stato. Questa decisione arriva in un momento critico, con una media di una donna uccisa ogni tre giorni nel 2024 e già sei vittime nel 2025, nonostante i primi interventi normativi del governo, tra cui l’introduzione dell’arresto in flagranza differita. La premier Giorgia Meloni ha sottolineato come questa misura rappresenti un ulteriore passo avanti nell’azione di sistema intrapresa dal governo fin dal suo insediamento per contrastare la violenza contro le donne.
Un cambio di passo culturale e giuridico
La ministra alle Pari Opportunità Eugenia Roccella ha definito la creazione del nuovo reato “una novità dirompente, non solo giuridica ma anche sul piano culturale”. Si tratta, secondo la ministra, di un tentativo di produrre un mutamento culturale profondo, riconoscendo la specificità del femminicidio come atto di discriminazione e odio verso la donna. Il disegno di legge non si limita a inasprire le pene per il femminicidio, ma prevede anche aggravanti e aumenti di pena per reati come maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Particolare attenzione è rivolta anche alle pratiche di mutilazioni degli organi genitali femminili, che riguardano molte migranti residenti in Italia, e alle lesioni permanenti al viso, come quelle provocate dal lancio di acido.
Magistrati e vittime: nuove tutele e obblighi formativi
La nuova normativa introduce modifiche significative anche per quanto riguarda il ruolo dei magistrati. I pubblici ministeri dovranno ascoltare direttamente le vittime, senza delegare l’audizione alla polizia giudiziaria, e sono estesi anche per loro gli obblighi formativi. Il disegno di legge limita inoltre l’accesso ai benefici penitenziari per coloro che compiono reati del codice rosso e introduce il diritto per le vittime di essere avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato a seguito di concessione di misure premiali. La ministra alle Riforme Istituzionali Elisabetta Casellati ha annunciato che questa normativa sarà propedeutica alla presentazione di un testo unico che conterrà tutte le norme riguardanti i diritti delle donne, sia sul versante giudiziario sia su quello dell’empowerment femminile.
L’importanza del ruolo della vittima nel processo penale
Il ministro alla Giustizia Carlo Nordio ha definito questo intervento legislativo “un risultato epocale” e “una grande svolta”, sottolineando l’attenzione riservata alla vittima. La nuova normativa prevede l’obbligo che la vittima sia ascoltata in varie fasi del processo, dalle indagini al patteggiamento fino alla liberazione del suo aggressore. Il parere della vittima non sarà vincolante, ma il magistrato dovrà comunque fornire le motivazioni delle sue decisioni anche in base a questo. “Mandiamo un messaggio – ha concluso il Guardasigilli – che è di attenzione particolare dello Stato e, dal punto di vista procedurale, si dà maggiore importanza al ruolo della vittima e dei familiari rispetto a quello che c’era in precedenza”.
Dettagli del disegno di legge: ergastolo per il femminicidio e aumento delle pene per altri reati
La bozza del provvedimento definisce il femminicidio come l’omicidio di una donna commesso “come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. In questi casi, la pena prevista è l’ergastolo. Negli altri casi, si applica l’articolo 575 del codice penale, che prevede una pena non inferiore a 21 anni. Il disegno di legge prevede inoltre un aumento di pena da un terzo alla metà per i maltrattamenti di familiari o conviventi commessi con le stesse motivazioni discriminatorie o di odio. Per quanto riguarda le minacce e il revenge porn, la pena è aumentata da un terzo a due terzi. Infine, viene rafforzata la formazione dei magistrati, con l’obbligo di partecipare ad almeno uno specifico corso organizzato dalla Scuola superiore della magistratura.
Un passo avanti, ma la strada è ancora lunga
L’introduzione del reato di femminicidio rappresenta un passo avanti significativo nella lotta contro la violenza di genere in Italia. Tuttavia, è fondamentale che questa misura sia accompagnata da un impegno costante nella prevenzione, nell’educazione e nel sostegno alle vittime. Solo attraverso un approccio integrato e multidisciplinare sarà possibile contrastare efficacemente questo fenomeno e promuovere una cultura del rispetto e della parità di genere.