
L’aggressione e le accuse
Il processo, celebrato con rito abbreviato, vede imputato un 28enne accusato di aver inflitto “almeno nove” coltellate al collo e alla spalla di un 29enne, causandogli lesioni guaribili in quattro-cinque settimane. L’aggressione, avvenuta il 14 agosto 2024 su un autobus a Torino, è stata definita dalla pubblica accusa come un tentato omicidio aggravato dai motivi futili. La richiesta di condanna è di dieci anni e dieci giorni di reclusione.
Vittima e aggressore: nessun legame
Le indagini hanno rivelato che vittima e aggressore non si conoscevano. Il ferito, un 29enne, era da poco arrivato da Milano per motivi personali. L’assenza di un movente apparente ha portato gli inquirenti a ipotizzare che l’atto sia stato scatenato da uno stato d’ira e frustrazione derivante dal vissuto dell’aggressore.
Il profilo dell’imputato
Dopo l’arresto, l’imputato ha raccontato di aver subito maltrattamenti in una comunità per minorenni, di essere stato vittima di una truffa legata alle criptovalute e di aver cercato informazioni su come sottoporsi a un esorcismo. Una perizia psichiatrica ha evidenziato un disturbo narcisistico di personalità, accentuato dall’uso di stupefacenti, ma non tale da compromettere la sua capacità di intendere e volere.
Il processo e la sentenza
Il processo si sta svolgendo con rito abbreviato, una procedura che consente, in caso di condanna, una riduzione della pena. L’avvocato difensore, Manuel Perga, ha cercato di attenuare la posizione del suo assistito, evidenziando il suo difficile passato e i problemi psicologici. La sentenza è attesa nei prossimi giorni e sarà determinante per definire la responsabilità dell’imputato e la sua pena.
Riflessioni su disagio e violenza
Questo caso solleva interrogativi profondi sul disagio sociale e sulla violenza gratuita. La storia dell’aggressore, segnata da maltrattamenti e difficoltà, non giustifica l’atto compiuto, ma invita a riflettere sulle cause che possono portare una persona a compiere gesti estremi. La sentenza dovrà tenere conto sia della gravità del reato che delle condizioni psicologiche dell’imputato, cercando un equilibrio tra giustizia e riabilitazione.