La Turchia nega la legalità della vendita dei marmi
La Turchia ha lanciato una bomba nel dibattito sulla restituzione dei marmi del Partenone, sostenendo di non aver trovato alcun documento ufficiale che dimostri la legalità della loro vendita al British Museum durante il XIX secolo. Zeynep Boz, a capo del dipartimento anti contrabbando del Ministero della Cultura e del Turismo di Ankara, ha dichiarato al Guardian che, nonostante anni di ricerche negli archivi ottomani, non è stato possibile trovare un “firmano”, ovvero un documento emanato dal Sultano dell’Impero Ottomano, che confermasse la legalità della transazione.
L’unica prova trovata è un editto in italiano che, tuttavia, non contiene la firma del Sultano o il suo sigillo, elementi essenziali per confermare l’autenticità del documento e la sua emanazione dalla corte imperiale ottomana.
L’impatto sulle relazioni greco-turche
Le dichiarazioni della Turchia hanno suscitato un grande interesse ad Atene, dove i funzionari hanno sottolineato l’importanza di queste affermazioni nel contesto della normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, avviata di recente. La Grecia sostiene da decenni che i marmi del Partenone furono sottratti illegalmente durante il periodo ottomano e chiede la loro restituzione all’Acropoli di Atene, dove si trovavano originariamente.
Le dichiarazioni di Ankara potrebbero contribuire a indebolire la tesi del British Museum, secondo cui i marmi sarebbero stati ottenuti legalmente. L’istituzione londinese acquistò i marmi dal diplomatico scozzese Lord Elgin, che li aveva rimossi dall’Acropoli all’inizio del XIX secolo.
Un passo avanti per la restituzione dei marmi?
Le dichiarazioni della Turchia, se confermate, rappresentano un passo significativo nella lunga battaglia per la restituzione dei marmi del Partenone. La mancanza di documentazione ufficiale che dimostri la legalità della vendita potrebbe fornire un argomento forte a favore della Grecia. Tuttavia, è importante ricordare che il British Museum ha sempre sostenuto la legalità del suo possesso dei marmi. Sarà interessante vedere come si svilupperà la situazione e se le dichiarazioni della Turchia porteranno a un cambiamento di posizione da parte del museo britannico.