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Un’opera amata dal pubblico, ma con una regia che fa discutere
Il ritorno di “Evgenij Onegin” di Čajkovskij al Teatro alla Scala ha generato un’ondata di emozioni contrastanti. Se da un lato il pubblico ha accolto con entusiasmo le performance vocali del cast, dall’altro la regia di Mario Martone ha suscitato perplessità e qualche dissenso. L’opera, poco rappresentata a Milano e portata per la prima volta nel 1900 da Arturo Toscanini, narra la storia dell’amore non corrisposto tra Tatjana e Onegin, sullo sfondo di una Russia lacerata da conflitti interiori e sociali.
La regia di Martone: una Russia contemporanea e un duello simbolico
Martone ha scelto di ambientare la vicenda nella Russia contemporanea, pur rispettando la trama originale del romanzo in versi di Puškin. Le scene di Margherita Palli e i costumi di Ursula Patzak contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva, con campi di grano assolati che si alternano al grigio inverno. Particolarmente significativo è il duello tra Onegin e Lenskij, trasformato in una sfida alla roulette russa, simbolo della divisione tra “due popoli fratelli, due culture”: quella russa ed europea. Questa interpretazione riflette le vicende personali del regista, che aveva inizialmente previsto di lavorare a quest’opera con Valery Gergiev, prima che il conflitto attuale cambiasse le carte in tavola.
Simbolismi e scelte registiche: tra sipari rossi e sogni infranti
La regia di Martone è ricca di simbolismi. I libri di Tatjana, rifugio dalla realtà, prendono fuoco, mentre il cubo che rappresenta la sua casa crolla, segnando la fine dei suoi sogni. La scelta di utilizzare un tendaggio rosso trasparente come sipario, per creare un gioco di ombre tra la scena danzante e le confessioni dei protagonisti, non ha convinto pienamente il pubblico. Il confronto finale tra Evgenij e Tatjana, con lei che confessa il suo amore ma ribadisce la sua fedeltà al marito, si conclude con l’inghiottimento della protagonista nel buio.
Un cast stellare e un coro impeccabile
Nonostante le perplessità sulla regia, il cast ha ricevuto applausi a scena aperta a più riprese. Aida Garifullina ha incantato nei panni di Tatjana, mentre Alexey Markov ha interpretato un convincente Evgenij Onegin. Particolarmente apprezzato è stato Dmitry Korkchar nel ruolo di Lenskij. Da menzionare anche Alina Kolosova (vedova Larina), Julia Gertseva (la nianja), Yaroslav Abaimov (Triquet) e Oleg Budarantskiy (Zareckij). Il coro, diretto da Alberto Malazzi, ha offerto una performance impeccabile.
Un’opera che invita alla riflessione
L'”Evgenij Onegin” di Martone è uno spettacolo che divide, ma che invita alla riflessione. La trasposizione nella contemporaneità e la lettura del duello come simbolo della divisione tra Russia ed Europa offrono spunti interessanti, anche se non pienamente condivisibili. Resta il fascino intramontabile della musica di Čajkovskij e la bravura degli interpreti, capaci di emozionare il pubblico con le loro voci.