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Il quadro generale: inflazione e retribuzioni a confronto
Nel triennio 2022-2024, l’Italia ha assistito a una significativa erosione del potere d’acquisto di salari e pensioni. Secondo un’analisi del Centro studi Cub, la perdita supera il 12%, un dato allarmante che riflette le difficoltà economiche affrontate da lavoratori e pensionati. L’inflazione, che ha raggiunto picchi elevati nel 2022 (11,6%) e nel 2023 (5,7%), per poi rallentare nel 2024 (1,3%), ha eroso il valore reale di stipendi e assegni pensionistici. Mentre l’inflazione complessiva nel triennio si attesta al 17,3%, le retribuzioni orarie contrattuali sono aumentate solo dell’8%, creando un divario negativo del 9,3%. Se si considerano le imposte sul reddito, la situazione peggiora ulteriormente, portando la perdita del potere d’acquisto a superare il 12%.
L’impatto sulle pensioni e le politiche di perequazione
Le pensioni sono state particolarmente colpite da questa situazione. Le leggi di stabilità non hanno adeguatamente perequato gli assegni superiori a 4 volte le quiescenze sociali, penalizzando una fascia significativa di pensionati. Questo ha contribuito ad ampliare il divario tra l’aumento del costo della vita e la capacità di spesa dei pensionati, generando preoccupazioni per il loro tenore di vita.
Il 2024: un timido segnale di ripresa per i salari
Nel 2024, si è registrato un timido segnale di ripresa per i salari, che hanno recuperato parte del potere d’acquisto perso. Tuttavia, l’analisi dei dati Istat evidenzia che questo recupero è parziale e non uniforme. A fine dicembre 2024, erano 28 i contratti collettivi in attesa di rinnovo, riguardanti circa 6,6 milioni di dipendenti, pari al 50,8% dei lavoratori subordinati. L’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto del 3,1% rispetto all’anno precedente, ma l’aliquota fiscale, che sfiora il 40% oltre lo scaglione dei 28.000 euro lordi l’anno, ha ridotto l’incremento netto a pochi decimali di punto.
Il caso della pubblica amministrazione: un vero e proprio crollo
L’andamento degli stipendi nella pubblica amministrazione nel 2024 ha subito un vero e proprio crollo (-14%) rispetto al 2023. Questo è dovuto principalmente al fatto che nel 2023 è stata erogata una ‘una tantum’ non rinnovata nel 2024. Inoltre, tutti i contratti del pubblico impiego sono scaduti e le risorse destinate al rinnovo sono mediamente la metà dell’inflazione pregressa, creando una situazione di forte disagio per i dipendenti pubblici.
Le richieste del Centro studi Cub: una nuova Scala Mobile
Di fronte a questa situazione, il responsabile del Centro studi Cub, Renato Strumia, sottolinea la necessità di una fase vertenziale molto incisiva per recuperare il potere d’acquisto precedente la crisi Covid e ripristinare una nuova Scala Mobile, ovvero l’indicizzazione dei redditi per adeguare automaticamente i salari all’aumento dei prezzi. Questa proposta mira a proteggere i lavoratori e i pensionati dall’erosione del potere d’acquisto causata dall’inflazione, garantendo un tenore di vita dignitoso.
Riflessioni sulla perdita del potere d’acquisto: un problema complesso
La perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni è un problema complesso che affligge l’Italia da diversi anni. Le cause sono molteplici, tra cui l’inflazione, la stagnazione salariale, le politiche fiscali e di perequazione inadeguate. È fondamentale che il governo e le parti sociali si impegnino a trovare soluzioni concrete per proteggere il reddito dei lavoratori e dei pensionati, garantendo un futuro economico più stabile e prospero per tutti.