L’escalation di violenza: dalla battuta calcistica alla denuncia
In un’aula di tribunale a Torino, una donna di 55 anni ha trovato il coraggio di raccontare vent’anni di abusi subiti dal marito, un carabiniere di 57 anni. La testimonianza, riportata da La Repubblica e dal Corriere di Torino, ha rivelato un quadro di violenza fisica e psicologica che si è protratto nel tempo, culminando in un’aggressione scatenata da una battuta durante una partita di calcio.La donna ha descritto come, durante una serata in cui il marito aveva invitato un collega per guardare Juventus-Napoli, una sua innocente battuta sulla possibile sconfitta della Juventus abbia scatenato la furia dell’uomo. “Mi ha tirato un pugno al petto”, ha raccontato la vittima, un episodio che ha segnato il punto di non ritorno e l’ha spinta a denunciare le violenze subite.
Un passato di silenzi e minacce
La denuncia presentata a metà gennaio 2024 ha portato all’allontanamento del carabiniere dalla casa familiare e al divieto di avvicinarsi alla moglie. Tuttavia, la storia di abusi era iniziata molto prima. La donna ha rivelato di aver subito violenze fisiche e verbali per anni, ma di aver scelto il silenzio per vergogna. “Per molti anni non ho detto niente a nessuno, mi vergognavo. Poi ho capito che sbagliavo”, ha spiegato in aula, sottolineando la difficoltà nel riconoscere e denunciare la situazione di abuso.Le minacce erano all’ordine del giorno. “Se te ne vai da questa casa, te ne vai sdraiata”, avrebbe detto il marito, un chiaro segnale della sua volontà di controllo e sopraffazione. La donna ha anche raccontato di un precedente tentativo di denuncia nel 2013, poi ritirata, un esempio di come il ciclo della violenza possa intrappolare le vittime.
Isolamento e controllo: la testimonianza del figlio
Oltre alle violenze fisiche, la donna ha subito un costante isolamento dalla famiglia e dagli amici, una tattica tipica dei maltrattatori per esercitare un maggiore controllo sulla vittima. Il figlio della coppia ha confermato in aula le dinamiche familiari, raccontando come il padre avesse minacciato i parenti e messo in atto comportamenti ossessivi per impedire alla madre di avere contatti con l’esterno. “Una volta papà era convinto che mamma fosse andata con mia sorella da mia zia. Allora mio padre ha detto che avrebbe fatto mettere dei posti di blocco nella via, per impedire che mia madre uscisse”, ha testimoniato il giovane.La donna ha descritto il marito come un uomo che si sentiva intoccabile, forte della sua posizione di carabiniere. “Ero soggiogata, lui ripeteva che era un carabiniere e che l’avrebbe avuta vinta”, ha affermato, sottolineando come l’abuso di potere e la manipolazione psicologica abbiano contribuito a rendere la sua situazione ancora più difficile.
Riflessioni sulla violenza domestica e il coraggio di denunciare
La vicenda di Torino mette in luce la complessità e la gravità della violenza domestica, un fenomeno che spesso rimane sommerso dietro le mura domestiche. La testimonianza di questa donna, dopo anni di silenzio e paura, è un esempio di coraggio e determinazione. La sua storia ci ricorda l’importanza di non sottovalutare i segnali di abuso, di sostenere le vittime e di promuovere una cultura del rispetto e dell’uguaglianza. Il fatto che un rappresentante delle forze dell’ordine sia coinvolto in tali atti di violenza solleva interrogativi sulla necessità di una maggiore attenzione e controllo all’interno di queste istituzioni, affinché garantiscano protezione e sicurezza a tutti i cittadini.