La testimonianza straziante di una madre
Nell’aula bunker di Rebibbia, le parole di Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, risuonano con una forza devastante. Durante la sua testimonianza al processo contro i quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro, tortura e omicidio del ricercatore italiano, la madre ha descritto con dolore il momento in cui ha visto il corpo del figlio. “Mi sono chiesta ‘ma cosa ti hanno fatto Giulio?’ Sul suo corpo ho visto la bestialità, la brutalità. Lì capì che era stato torturato”, ha dichiarato, rivelando l’orrore che ha provato di fronte alle condizioni del cadavere.
Il calvario del riconoscimento
Paola Deffendi ha ripercorso il calvario di quei giorni, dalla scomparsa di Giulio al ritrovamento del suo corpo. “Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso. Era coperto da un telo e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse ‘suo figlio è un martire'”, ha raccontato con la voce rotta dall’emozione. La madre ha poi aggiunto che l’ambasciatore italiano al Cairo le aveva sconsigliato di vedere il corpo, dicendole “Paola, lo ricordi come era”. Nonostante ciò, la donna ha insistito e, all’ospedale italiano del Cairo, ha visto un “sacco bianco con il ghiaccio intorno”. Inizialmente, ha confessato, aveva l’illusione che non fosse Giulio.
L’ultimo contatto e la scomparsa
La madre di Regeni ha descritto l’ultima conversazione con il figlio tramite Skype, avvenuta il 24 gennaio 2016. Giulio aveva parlato del 25 gennaio, una data significativa al Cairo, e aveva rassicurato i genitori di aver fatto la spesa per più giorni e di stare a casa. La notizia della sua scomparsa è arrivata il 27 gennaio. “Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita – ha detto -. A casa mi disse che Giulio era scomparso. Quando sentii la console chiesi perché non ci avessero avvisato prima”. Paola Deffendi ha ricordato che Giulio aveva già visitato l’Egitto in passato, anche durante il colpo di Stato di al-Sisi, ma nel 2015 si sentiva più sicuro e tutelato in quanto ricercatore straniero.
Un incontro fortuito e il ricordo di un figlio
Un dettaglio inedito emerso durante la testimonianza è stato l’incontro fortuito con l’ambasciatore egiziano in aeroporto. “Non l’ho mai detto prima. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapeva che c’era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì”. La madre ha poi tracciato un ritratto di Giulio, descrivendolo come un ragazzo appassionato di storia fin da bambino, con un interesse particolare per la cultura araba. “Era sobrio, non era un giovane a cui piaceva apparire. Era una persona, un figlio desiderato, che ci manca, a tutti. Si fidava degli amici. Non era un giornalista. Era un ricercatore”.
Un dolore incommensurabile e la ricerca della verità
La testimonianza di Paola Deffendi è un grido di dolore che scuote le coscienze. Le sue parole, intrise di sofferenza e di amore materno, ci ricordano la brutalità che ha spezzato la vita di Giulio Regeni e l’importanza di non arrendersi nella ricerca della verità e della giustizia. Questo processo rappresenta un passo fondamentale per fare luce su un caso che ha scosso l’Italia e la comunità internazionale, e la testimonianza della madre è un monito costante affinché simili atrocità non restino impunite.