Il processo per lo sbarco negato
I giudici del tribunale di Palermo si sono ritirati in camera di consiglio per deliberare sul verdetto del processo a Matteo Salvini, accusato di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona. Il leader della Lega è imputato per aver negato lo sbarco a Lampedusa, ad agosto del 2019, a 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms.
La sentenza è attesa non prima delle 18. Il processo, iniziato il 15 settembre 2021, ha visto 24 udienze e l’audizione di 45 testimoni.
Le richieste della Procura e della difesa
La Procura, rappresentata dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara e Giorgia Righi, ha chiesto la condanna di Salvini a 6 anni di reclusione al termine della requisitoria dello scorso 14 settembre.
L’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, ha invece chiesto l’assoluzione del suo assistito “perché il fatto non sussiste”.
Le parti civili e le richieste di risarcimento
Nel processo sono costituite parte civile alcune delle persone trattenute a bordo della nave, tra cui Legambiente, Arci, l’associazione AccoglieRete, Giuristi Democratici, il Ciss, Mediterranea Saving Humans, Cittadinanza Attiva, Oscar Camps (direttore della ong Open Arms), il comandante della nave Reig Creus, il capo missione Anna Isabel Montes, il Comune di Barcellona, l’associazione Emergency e Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione).
I legali delle parti civili hanno chiesto complessivamente la condanna dell’imputato al pagamento di un milione di euro a titolo di risarcimento del danno.
Un caso delicato con implicazioni politiche
Il processo a Salvini per lo sbarco negato è un caso delicato che ha implicazioni politiche importanti. La decisione dei giudici avrà un impatto significativo sul dibattito sull’immigrazione in Italia e sull’operato del governo in materia di politiche migratorie.