La crisi dell’auto italiana: non solo i prezzi
La crisi del mercato auto in Italia, un fenomeno evidente a tutti i livelli, viene abitualmente imputata al forte aumento dei prezzi, che sono aumentati del 58% dal 2011 al 2023. Tuttavia, secondo Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (Unrae), questo dato va analizzato in un contesto più ampio.
Cardinali ha sottolineato che in questi anni il mercato ha subito un “shift verso l’alto”, con un cambiamento nei gusti dei clienti che ha portato a una maggiore richiesta di modelli di fascia alta. Inoltre, l’aumento dei contenuti tecnologici, come i sistemi di sicurezza e infotainment, ha contribuito ad aumentare il valore delle auto, rendendole prodotti non paragonabili a quelli di 10 anni fa.
“I contenuti tecnologici dei prodotti sono sempre più avanzati, per esempio in termini di sicurezza e di infotainment, fattori che hanno aumentato il valore delle auto al punto da renderle prodotti neanche lontanamente paragonabili a distanza di 10 anni”, ha spiegato Cardinali.
Un altro fattore determinante è stato l’aumento dei costi di produzione, che ha colpito in modo significativo il settore automobilistico. “Il costo industriale – prosegue Cardinali – è aumentato drammaticamente per l’impennata di tutti i costi di produzione: energia, materie prime (quelle tradizionali e soprattutto quelle critiche), logistica internazionale.”
Il potere d’acquisto e il peso delle tasse
L’aumento dei prezzi delle vetture si scontra con l’erosione del potere di acquisto degli italiani, diminuito di 3 punti in termini reali nello stesso periodo. “Le famiglie – ha ribadito Cardinali – dovendo dare priorità a beni e servizi primari, rincarati anch’essi molto più dell’inflazione, come il sottoindice ISTAT ‘abitazioni e utenze’ salito del 63%, hanno dovuto rinviare acquisti come l’automobile, ulteriormente ostacolati dall’aumento dei tassi di interesse.”
Unrae evidenzia anche il ruolo delle tasse e della fiscalità nel penalizzare il mercato italiano. “Siamo penalizzati da evidenti anomalie strutturali – ha spiegato il direttore generale dell’Unrae – La prima, cronica, è il sottosviluppo delle auto aziendali, quelle con la velocità di rotazione più elevata, la maggior propensione all’adozione delle nuove tecnologie e la garanzia di compliance fiscale.”
A causa di un trattamento fiscale penalizzante, le auto aziendali hanno una penetrazione molto bassa in Italia, solo il 42% rispetto al 67% della Germania, il che le colloca al penultimo posto tra i 5 maggiori mercati europei.
Il ritardo italiano nell’elettrificazione
Un altro punto critico evidenziato da Unrae è il ritardo dell’Italia nell’adozione di veicoli elettrici. “Il mercato delle auto elettriche in Italia – spiega Cardinali – evidenzia un divario preoccupante rispetto al contesto europeo. E questo denuncia una profonda disconnessione dalla transizione energetica in corso.”
L’Italia ha una quota di auto elettriche pure del 4%, ben lontana dal 42,5% dei Paesi del Nord Europa e dal 14,8% della media Eu+Efta+Uk. Questo posiziona l’Italia addirittura dietro a Paesi con un Pil pro capite inferiore, come Portogallo, Ungheria, Spagna e Grecia.
“Questo dimostra che i fattori limitanti l’adozione dei veicoli elettrici vanno oltre le sole capacità reddituali”, ha affermato Cardinali.
Le cause di questo ritardo sono da ricercarsi nel costo delle ricariche, più elevato che in altri Paesi, e nella carenza di infrastrutture. L’Italia, pur avendo registrato un aumento del 38% dei punti di ricarica in un anno, ha ancora una rete insufficiente: 11,0 punti ogni 100 km di rete viaria, rispetto ai 16,4 della media europea e ai 125,2 dell’Olanda. Questo ha fatto scendere l’Italia dal 15° al 16° posto in classifica.
L’urgenza di investire in infrastrutture e la minaccia delle sanzioni
Unrae sottolinea l’importanza di investire in una rete di infrastrutture capillare, omogenea sul territorio, accessibile e di potenza adeguata per favorire l’adozione dei veicoli elettrici. “È fondamentale – ha detto Cardinali – che in Europa, come sottolineato dal Rapporto Draghi, ma in Italia ancor di più si continui ad investire in una rete di infrastrutture capillare, omogenea sul territorio, accessibile e di potenza adeguata.”
Il raggiungimento del target di emissioni del 2025-2029 è a rischio, visto che il calo medio delle emissioni in Europa è stato di appena 3,5 g/km, mentre per centrare gli obiettivi 2025 sarebbe necessario un ulteriore decremento di 13 g/km. Questo scenario espone le Case auto al rischio di sanzioni, stimate da Acea in 15 miliardi di euro.
Unrae chiede la cancellazione delle multe del 2025 per evitare di affossare gli investimenti nella transizione. “Le multe del 2025 vanno assolutamente cancellate – ha concluso Cardinali – per evitare di affossare definitivamente gli investimenti nella transizione. È concettualmente perverso sanzionare il venditore perché l’acquirente non compra ciò che ha prodotto.”
Un quadro complesso
La crisi del mercato auto italiano è un problema complesso, con diverse cause interconnesse. L’aumento dei prezzi, il cambiamento dei gusti dei clienti, l’aumento dei costi di produzione, il basso potere d’acquisto e il ritardo nell’adozione di veicoli elettrici sono tutti fattori che contribuiscono alla situazione attuale. È fondamentale che il governo italiano adotti misure concrete per supportare il settore automobilistico, incentivando l’acquisto di auto elettriche, investendo in infrastrutture di ricarica e riducendo il peso fiscale sulle auto aziendali.