L’uro, un gigante preistorico
Un team di ricercatori internazionali, guidato dal Trinity College di Dublino e dall’Università di Copenaghen, ha fatto una scoperta sensazionale: i resti fossili dei più antichi antenati del bue domestico, l’uro (Bos primigenius), risalenti a 10.000 anni fa. I reperti sono stati rinvenuti nella valle dell’Indo e in Mesopotamia, aprendo nuove prospettive sulla storia evolutiva di questa specie che ha dominato le faune dell’Eurasia e del Nord Africa per centinaia di migliaia di anni.
L’uro era un animale imponente, con un’altezza di quasi due metri, un peso di circa una tonnellata e corna lunghe più di un metro. La sua presenza ha caratterizzato gli ecosistemi del continente per circa 650.000 anni, a partire dal Pleistocene, per poi subire un forte declino a partire dalla fine dell’ultima era glaciale, circa 11.000 anni fa. L’ultimo esemplare di uro selvatico fu abbattuto in Polonia nel 1627, segnando la fine di un’era.
Il paleontologo Luca Pandolfi, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, ha partecipato alla ricerca e ha fornito un contributo fondamentale all’analisi dei resti fossili. Pandolfi, esperto di evoluzione e estinzione dei grandi mammiferi continentali, ha analizzato i resti di uro provenienti da diversi siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa.
Un’analisi genetica per ricostruire la storia dell’uro
Lo studio su Nature ha analizzato per la prima volta il genoma di 38 resti fossili di uro, provenienti da diversi siti in un arco di tempo di 50.000 anni. L’analisi del DNA antico ha permesso di ricostruire la storia evolutiva e genetica dell’uro, svelando dettagli inediti sulla sua diffusione, i cambiamenti climatici e la domesticazione.
La ricerca ha identificato quattro popolazioni ancestrali distinte, che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all’interazione con l’uomo. Gli uri europei, in particolare, hanno subito una drastica diminuzione di popolazione e diversità genetica durante l’ultima era glaciale, circa 20.000 anni fa. La diminuzione delle temperature ha ridotto il loro habitat, spingendoli verso la Penisola Italiana e la Penisola Iberica, da cui successivamente hanno ricolonizzato l’intera Europa.
La domesticazione dell’uro
Lo studio ha rivelato che la domesticazione dell’uro è avvenuta in Mesopotamia, poco più di 10.000 anni fa, al termine dell’ultima glaciazione. I dati genetici indicano che gli attuali bovini si sono originati da pochissimi uri, suggerendo che la domesticazione sia avvenuta in modo volontario da parte di alcuni gruppi umani che hanno iniziato a selezionare alcuni individui di uro ritenuti più adatti e mansueti.
L’addomesticamento ha portato a cambiamenti significativi nelle caratteristiche fisiche dell’uro. Gli uri addomesticati erano più piccoli rispetto ai loro antenati selvatici, con corna meno sviluppate, a indicare una maggiore mansuetudine. Giulio Cesare, nel suo De Bello Gallico, descrive l’uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all’elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva.
L’eredità dell’uro
L’uro, un gigante preistorico, è scomparso dalla Terra circa 500 anni fa, ma la sua eredità genetica vive ancora nel bestiame moderno. Lo studio su Nature ha fornito nuove informazioni sulla storia evolutiva e genetica dell’uro, contribuendo alla nostra comprensione dell’origine e dell’evoluzione del bestiame.
I resti fossili di uro ci raccontano una storia affascinante di adattamento, successo e declino, una storia che ci ricorda l’importanza di preservare la biodiversità e di comprendere l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi.
L’impatto dell’uomo sull’estinzione dell’uro
La scoperta dei più antichi antenati del bue domestico ci offre un’occasione per riflettere sull’impatto dell’uomo sull’ambiente. L’estinzione dell’uro, avvenuta in età moderna, è un esempio di come le attività umane possano influenzare la biodiversità e portare alla scomparsa di specie animali. È importante comprendere le cause dell’estinzione dell’uro per evitare che altre specie subiscano la stessa sorte.