La voce di una classe
La vita della classe operaia, la maternità, l’immigrazione, l’emarginazione sociale: sono questi alcuni dei temi che animano i quattro racconti di “Fammi un indovinello”, pubblicati da Marietti1820 nella traduzione di Giovanna Scocchera. Queste storie, scritte tra il 1953 e il 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961, hanno consacrato il talento letterario di Tillie Olsen, una delle voci più originali della letteratura americana.
Nata da una famiglia di ebrei russi di militanza socialista giunti in Nebraska all’inizio del Novecento, Olsen ha sempre avuto un profondo legame con la classe operaia. Le sue opere sono un’attenta analisi delle difficoltà e delle sfide che essa affronta, un’esplorazione delle lotte quotidiane e delle emozioni che ne derivano. La sua scrittura è un potente strumento di denuncia sociale, ma anche di grande empatia e sensibilità verso le persone che racconta.
Maternità e lavoro: un binomio complesso
Un tema ricorrente nelle opere di Olsen è la maternità, vista non solo come un’esperienza gioiosa, ma anche come una sfida complessa e spesso opprimente. In “Sono qui che stiro”, la protagonista è una donna che lavora instancabilmente per mantenere la famiglia, sacrificando il suo tempo e la sua libertà. Il suo rapporto con la figlia, cresciuta con una madre assente, è un esempio del profondo impatto che la maternità può avere sulle donne, soprattutto quando devono conciliare il ruolo di madre con quello di lavoratrice.
Olsen stessa ha vissuto in prima persona queste difficoltà. Per molti anni ha dovuto lavorare per provvedere a se stessa e alle sue quattro figlie, svolgendo occupazioni di ogni tipo. In “Silences”, un saggio dedicato alle difficoltà economiche che ostacolano la creazione letteraria, racconta la sua esperienza: “Nei venti anni in cui ho fatto nascere e crescere le mie figlie, e ho anche dovuto mantenere un lavoro stipendiato, mi sono mancate le condizioni essenziali che servono a creare”.
Una prosa rivoluzionaria e poetica
La prosa di Olsen è rivoluzionaria e vicina alla poesia. La sua scrittura è ricca di immagini evocative e di un flusso di coscienza che trascina il lettore nel cuore dei suoi personaggi. La voce narrante appare e scompare, creando un’atmosfera intima e coinvolgente.
Olsen si è ispirata a grandi autori come Virginia Woolf, Franz Kafka, William Blake, Emily Dickinson, Anton Cechov, Agnes Smedley, James Baldwin e Olive Schreiner. In cucina, sulla scrivania, teneva le fotografie degli autori e delle autrici che amava, trascriveva le frasi che le piacevano di più e le attaccava sulle bacheche, sul frigorifero, sulle lampade. Si circondava di immagini e citazioni e le portava con sé anche quando viaggiava.
Un’eredità letteraria
Tillie Olsen è stata una scrittrice e attivista politica che ha dedicato la sua vita a dare voce ai marginati e a denunciare le ingiustizie sociali. Le sue opere, ricche di empatia e di un profondo senso di giustizia, continuano a essere lette e apprezzate da un pubblico vasto e variegato.
“Fammi un indovinello” è un’opera che ci invita a riflettere sulle sfide della vita e sull’importanza di dare voce a chi non ha voce. È un libro che ci ricorda la bellezza e la complessità della vita umana, e la necessità di guardare oltre le apparenze per scoprire la verità che si cela dietro ogni storia.
Un ritratto di un’epoca
Le opere di Tillie Olsen ci offrono un prezioso ritratto di un’epoca, quella della classe operaia americana negli anni del dopoguerra. Attraverso le sue storie, possiamo comprendere le difficoltà e le sfide che le persone di questa classe sociale hanno affrontato, ma anche la loro forza e resilienza. La sua scrittura è un potente strumento di denuncia sociale, ma anche di grande empatia e sensibilità verso le persone che racconta.