Un porto di mare nel cuore di Napoli
Il Vecchio Pellegrini, situato alla Pignasecca nel cuore di Napoli, è un vero e proprio “porto di mare” per le vittime di incidenti e violenze che si verificano nel centro storico e nelle zone limitrofe. La notte, un flusso continuo di ambulanze porta al pronto soccorso persone ferite in rapine, risse, accoltellamenti e, sempre più spesso, feriti da armi da fuoco.
Il responsabile del pronto soccorso, Emilio Bellenfante, descrive la situazione con parole forti: “La violenza tra i giovani è aumentata in maniera esponenziale ultimamente a Napoli. Nel 2022 feci una ricerca da cui emersero, da gennaio a luglio, circa 900 arrivi in emergenza riferibili ad aggressioni di baby gang. Non ebbero clamore perché non ci furono morti, ma ora osserviamo che c’è un peggioramento di questi dati. Non più solo risse, ma accoltellamenti e spesso spari.”
Un carico di lavoro immenso
Il Vecchio Pellegrini è l’unico ospedale con reparto di emergenza nel centro storico di Napoli ed è costantemente sotto pressione. Bellenfante spiega: “prima arrivavano in emergenza i giovanissimi delle gang, da piazza Bellini, dal centro storico. Oggi questi arrivano sempre, ma sono aumentati gli accoltellamenti e i ferimenti che vedono coinvolti immigrati e che si inseriscono nelle lotte tra clan. E, soprattutto, adesso si spara.”
Il personale medico, definito “eroi” da Bellenfante, si trova a dover gestire un carico di lavoro immenso con risorse limitate. “Abbiamo una carenza di medici e ogni mese ho difficoltà serie per fare i turni. Ci sono nove medici, molti di età avanzata; ce n’erano 11 fino a maggio, ma due sono andati in pensione e nei prossimi due anni ne perderò almeno altri 5. I nostri medici vivono da eroi il loro lavoro e per fortuna siamo anche aiutati dalla chirurgia per gli interventi di urgenza. In media arrivano al pronto soccorso 250 persone al giorno e abbiamo 20 posti letto: ci vorrebbero più spazi e più medici.”
Purtroppo, i concorsi per reclutare nuovo personale non riscuotono successo. “Ai concorsi per quei posti non partecipa mai nessuno”, afferma Bellenfante.
Un clima di tensione
Oltre al carico di lavoro, il personale del Pellegrini deve spesso fare i conti con le rimostranze e le aggressioni di pazienti e familiari esagitati. L’arrivo di Arcangelo Correra, il diciottenne morto con un proiettile in testa, ha scatenato momenti di forte tensione.
Il direttore dell’ospedale, Alfonso Basso, racconta: “Si sono presentate circa 300 persone tra amici parenti e amici, che urlavano e gridavano il loro dolore. Sono subito corso e ho trovato già polizia e carabinieri che stavano mantenendo la calma. Il clima era pesante. Saremmo voluti uscire per parlare con la famiglia, ma ci hanno fermato. Non era sicuro. Poi non so cos’è successo, all’improvviso sono andati via tutti. E quando alle 11 c’era da comunicare il decesso del giovane, è stata inviata un’auto della polizia a casa dei genitori.”
Un’ombra di paura sulla città
I medici del Pellegrini vivono sulla loro pelle una città che sta cambiando, e non in meglio. “Ci sono tanti ragazzi che girano armati e c’è ansia per una città che si percepisce non sicura”, dice Bellenfante, che oltre a essere primario è anche un cittadino preoccupato per la sicurezza della sua città. “Io ho due figli e ammetto che spesso sono preoccupato per loro quando escono di sera. A volte penso che in questa recrudescenza di violenza giovanile abbiano un ruolo anche quello che passa su internet e alcune serie televisive. Prima non era così.”
Un appello ai giovani medici
Nonostante le difficoltà, Bellenfante non si arrende e rivolge un appello ai giovani laureati in medicina: “Ai giovani laureati in medicina dico che la branca di emergenza è la più bella, non c’è soddisfazione più grande di ‘risuscitare’ in qualche modo pazienti gravi. E’ faticoso ma è l’essenza vera della medicina.”
Un grido d’allarme per la società
La situazione descritta nell’articolo rappresenta un grido d’allarme per la società napoletana, e non solo. La crescente violenza giovanile, con l’uso sempre più frequente di armi da fuoco, è un fenomeno preoccupante che richiede un’azione congiunta da parte delle istituzioni, delle famiglie e della società civile. È necessario investire in programmi di prevenzione, educazione e reinserimento sociale per contrastare questo fenomeno e costruire un futuro più sicuro per le nuove generazioni.