L’assoluzione di Bersani
Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pier Luigi Bersani dall’accusa di diffamazione nei confronti del generale Roberto Vannacci, in seguito eletto europarlamentare con la Lega. L’ex segretario del PD era stato accusato di aver diffamato Vannacci con l’epiteto “coglione”, pronunciato durante una intervista dal palco della Festa dell’Unità di Ravenna il 1 settembre 2023. L’assoluzione è stata pronunciata “perché il fatto non sussiste”.
La vicenda era nata da una querela presentata da Vannacci in seguito alle dichiarazioni di Bersani. La Procura ravennate, il 27 febbraio, aveva chiesto per Bersani un decreto penale di condanna per 450 euro di multa per diffamazione aggravata dal mezzo, in quanto l’intervista era stata trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube del PD.
Il Gip Corrado Schiaretti, dopo un’attenta analisi giuridico-grammaticale, ha però concluso che la richiesta del Pm non poteva essere accolta per “insussistenza giuridica e prima ancora linguistica”.
L’allegoria di Bersani
Il giudice ha sottolineato che Bersani, in relazione al bestseller di Vannacci ‘Il mondo al contrario’, aveva ambientato il suo ragionamento in un ipotetico ‘bar Italia’ e, intervistato da una giornalista, aveva posto questa domanda: “Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?”
Secondo il giudice, le parole di Bersani “non possono essere qualificate come metaforiche”, ma è accaduto piuttosto che “il querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria”.
Il contesto dell’intervista
L’intervista in cui Bersani ha pronunciato le parole incriminate è stata rilasciata durante la Festa dell’Unità di Ravenna, un evento politico organizzato dal Partito Democratico. L’ex segretario del PD, in quel contesto, stava discutendo del libro di Vannacci, che aveva suscitato polemiche per le sue posizioni controverse su temi come l’omosessualità, l’immigrazione e l’Islam.
Le reazioni alla sentenza
La sentenza del Tribunale di Ravenna ha suscitato diverse reazioni. Alcuni hanno accolto con favore la decisione del giudice, sostenendo che Bersani non aveva intenzione di offendere Vannacci, ma semplicemente di criticare le sue idee. Altri, invece, hanno espresso perplessità, sostenendo che l’uso dell’epiteto “coglione” è comunque un’offesa, indipendentemente dal contesto in cui è stato pronunciato.
La vicenda ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione e sulla possibilità di criticare personaggi pubblici. Si pone, inoltre, il problema della distinzione tra metafora e allegoria, un tema delicato che spesso genera controversie in ambito giuridico.
Un caso complesso
La sentenza del Tribunale di Ravenna è un caso complesso che solleva importanti questioni relative alla libertà di espressione, alla critica politica e alla distinzione tra metafora e allegoria. La decisione del giudice di assolvere Bersani, ritenendo che le sue parole non costituissero un’offesa, ma una semplice allegoria, è stata accolta con diverse reazioni. È importante ricordare che la libertà di espressione è un diritto fondamentale, ma è anche importante evitare di offendere o diffondere discorsi d’odio. Il caso Bersani-Vannacci, in questo senso, offre spunti di riflessione su come conciliare questi due aspetti.