La corteccia entorinale laterale: la ‘casa’ dei ricordi
Un team di ricercatori internazionali, guidato dall’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-In) e dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha fatto una scoperta fondamentale nel campo della neurobiologia: la corteccia entorinale laterale è la sede della formazione e del richiamo dei ricordi nel cervello. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports, ha dimostrato che questa area cerebrale svolge un ruolo cruciale nel processo di memorizzazione episodica, che consente di creare e richiamare ricordi complessi che integrano informazioni su cosa è accaduto, quando e dove.
I ricercatori hanno scoperto che un maggior numero di neuroni attivi nella corteccia entorinale laterale è associato alla formazione di nuovi ricordi. Inoltre, gli stessi neuroni si riattivano durante il recupero del ricordo dell’esperienza specifica. Il silenziamento di questi neuroni inibisce la capacità di richiamare il ricordo stesso. Questa scoperta fornisce una comprensione più profonda dei meccanismi neurali alla base della memoria episodica.
Implicazioni per le malattie neurodegenerative
La corteccia entorinale è una delle prime aree del cervello ad essere colpita nel deterioramento cognitivo lieve, considerato come uno stato di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza. Questa area è anche costantemente alterata nella malattia di Alzheimer. Il deterioramento della memoria episodica è uno dei primi segnali di queste malattie neurodegenerative. La comprensione dei processi neurobiologici alla base della formazione e del recupero dei ricordi potrebbe fornire nuovi elementi utili per contrastare lo sviluppo di queste malattie.
Un passo avanti nella comprensione della memoria
Questa scoperta rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi neurali alla base della memoria. La scoperta della corteccia entorinale laterale come sede della formazione e del richiamo dei ricordi apre nuove prospettive per la ricerca sulle malattie neurodegenerative. La possibilità di intervenire su questa area cerebrale potrebbe portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per combattere l’Alzheimer e altre malattie che colpiscono la memoria.