Una svolta epocale per il sistema autostradale italiano, un “cambio di paradigma fondamentale”, come lo definisce il presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), Nicola Zaccheo. Con una recente delibera, l’Autorità ha approvato i nuovi sistemi tariffari di pedaggio, validi sia per le concessioni in essere che per quelle future, introducendo un principio tanto atteso quanto rivoluzionario: il “pay per use”. Questo approccio stabilisce che gli aumenti tariffari saranno riconosciuti solo a fronte di investimenti effettivamente realizzati dai concessionari, ponendo fine alla prassi di basare i pedaggi su opere programmate ma non ancora eseguite.
La decisione dell’ART si inserisce in un contesto economico e sociale profondamente mutato, segnato dagli effetti della crisi pandemica, dagli shock energetici, da una forte dinamica inflattiva e da un necessario rafforzamento delle normative su sicurezza e manutenzione delle infrastrutture. L’obiettivo, come sottolineato da Zaccheo, è quello di trovare un “corretto bilanciamento tra la sostenibilità economico-finanziaria delle concessioni, l’effettiva realizzazione degli investimenti e la necessità di contenere i costi per l’utenza”. Si mira a promuovere una gestione più efficiente, trasparente e responsabile, riducendo l’opacità che storicamente ha caratterizzato il sistema dei pedaggi.
Il principio del “Pay per Use”: cosa cambia per gli automobilisti
Il cuore della riforma risiede in un concetto semplice ma potente: si paga per ciò che si utilizza e per il servizio realmente ricevuto. In passato, i piani economico-finanziari (PEF) dei concessionari includevano investimenti futuri che, di fatto, venivano “anticipati” dagli utenti attraverso i pedaggi, a prescindere dalla loro effettiva realizzazione. Il nuovo sistema, invece, lega in modo indissolubile la tariffa ai cantieri chiusi e alle opere completate. Per garantire trasparenza e controllo, l’ART introdurrà strumenti tecnici specifici, come i Key Performance Indicator (KPI), per monitorare le performance dei gestori e confrontarle con le migliori pratiche nazionali e internazionali. Questo dovrebbe tradursi, nelle intenzioni dell’Autorità, in un beneficio per l’utenza con un contenimento, se non una riduzione, delle tariffe nel medio-lungo periodo, con i primi effetti concreti attesi tra il 2027 e il 2028.
I rimborsi per disservizi: il nodo critico sollevato dal Codacons
Se il nuovo sistema tariffario raccoglie consensi, lo stesso non si può dire per il meccanismo di rimborso dei pedaggi in caso di disservizi, che entrerà in vigore a partire da giugno 2026. Il Codacons, pur definendo la riforma tariffaria una “misura di civiltà”, ha espresso forti perplessità e critiche su questo punto, evidenziando “troppi vincoli e limitazioni” per gli utenti.
Il sistema di rimborsi prevede diverse casistiche:
- Blocco del traffico: L’utente ha diritto a un rimborso parziale o totale a seconda della durata del blocco. Nello specifico:
- 50% del pedaggio per un blocco compreso tra 120 e 179 minuti.
- 75% per un blocco tra 180 e 239 minuti.
- 100% solo per blocchi di durata pari o superiore a 240 minuti (4 ore).
- Cantieri programmati: Il diritto al rimborso dipende dalla lunghezza della tratta e dall’entità del ritardo accumulato. Ad esempio, su tratte oltre i 50 km, il rimborso scatta con almeno 15 minuti di ritardo.
Secondo il Codacons, le soglie temporali per ottenere un indennizzo in caso di traffico bloccato sono “oggettivamente eccessive”. Dover rimanere “imprigionati” in autostrada per almeno due ore per un rimborso parziale, e quattro per quello totale, appare una condizione troppo restrittiva. Inoltre, l’associazione dei consumatori critica la dicitura generica di “eventi perturbativi”, che potrebbe dare adito a contenziosi.
Le esclusioni e il rischio di aumenti tariffari
A destare ulteriore preoccupazione sono le clausole di esclusione. I rimborsi non saranno dovuti, ad esempio, per disagi legati a cantieri mobili, molto frequenti sulla rete, o se sulla tratta è già prevista una riduzione generalizzata del pedaggio. Quest’ultimo punto, secondo il Codacons, potrebbe rappresentare un “escamotage” per i gestori, che potrebbero applicare lievi sconti su tratte critiche per evitare di erogare rimborsi più consistenti.
Ma l’aspetto più controverso, sollevato con forza dal Codacons, è la possibilità per le società autostradali di recuperare i costi sostenuti per i rimborsi attraverso futuri aumenti dei pedaggi. La delibera dell’ART prevede infatti che, per i primi 5 anni di applicazione, i concessionari possano recuperare una quota decrescente degli importi erogati (100% il primo anno, 80% il secondo, e così via). “In sostanza, saranno gli stessi automobilisti, attraverso le tariffe autostradali, a pagare di tasca propria i rimborsi concessi per ritardi e blocchi del traffico”, conclude amaramente il Codacons.
La riforma rappresenta quindi un passo avanti significativo verso un sistema più equo e trasparente, che premia l’efficienza e gli investimenti reali. Tuttavia, le “ombre” sul sistema dei rimborsi rimangono un punto di attenzione cruciale. La sfida sarà ora quella di vigilare affinché il principio del “pay per use” si traduca in un vantaggio concreto per gli utenti, senza che i benefici vengano annullati da meccanismi di compensazione che finirebbero per gravare nuovamente sulle tasche dei cittadini.
