ROMA – “Nella fretta di trovare soluzioni capita di poter sottovalutare gli effetti di alcune misure”. Con queste parole, il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, ha tentato di archiviare il caos che ha travolto la commissione Bilancio durante l’esame della manovra finanziaria. Un percorso a ostacoli, segnato da profonde divisioni interne alla maggioranza, che ha rischiato di portare il governo sull’orlo di una crisi e che ha richiesto un vertice notturno a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni per ricucire lo strappo. Le dichiarazioni di Romeo, pur mirando a normalizzare la dialettica politica, svelano la complessità di un’approvazione sofferta, dove la “fretta” è stata compagna di un confronto aspro tra alleati.

Il nodo pensioni: la Lega alza le barricate

Il punto di massima frizione si è consumato sul capitolo pensioni. Una stretta, inserita a sorpresa in un maxiemendamento governativo, ha fatto scattare l’allarme in casa Lega, che ha minacciato di non votare il provvedimento. Nel mirino del Carroccio, in particolare, le norme che avrebbero inciso sul riscatto della laurea e sull’allungamento delle finestre mobili per l’accesso al prepensionamento. “Sul tema delle pensioni la Lega non poteva che impuntarsi”, ha affermato con nettezza Romeo, rivendicando l’azione del suo partito come una difesa di principi irrinunciabili. La pressione è stata tale da costringere il governo a un clamoroso dietrofront, con lo stralcio completo delle misure contestate e la presentazione di un nuovo emendamento “più light”. Un successo per la linea intransigente leghista, che ha dimostrato di non voler cedere su temi identitari, anche a costo di mettere in seria difficoltà il proprio ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

La difesa di Giorgetti e le frecciate agli alleati

Nonostante l’evidente sconfessione della linea iniziale del MEF, Romeo ha tenuto a blindare la posizione del ministro: “Assolutamente: le opposizioni vogliono le sue dimissioni, continuino a sognare”. Una difesa d’ufficio che, però, non nasconde le tensioni. Secondo ricostruzioni, lo stesso capogruppo leghista avrebbe chiamato Giorgetti per comunicare che, senza modifiche, il partito era pronto allo strappo. Romeo ha poi precisato che anche il ministro era favorevole a trovare coperture alternative, ma che a insistere sulla stretta pensionistica erano stati i tecnici del Ministero e la Ragioneria Generale dello Stato. Un tentativo di scaricare le responsabilità sulla struttura tecnica, che però evidenzia una divergenza tra la volontà politica della Lega e l’impostazione del Tesoro guidato da un esponente di spicco dello stesso partito.

Il capogruppo leghista non ha risparmiato una stoccata a Fratelli d’Italia, l’alleato di governo. “Adesso FdI dice che è tutta una roba che riguarda lo scontro tra leghisti. Beh mi sembra che anche sul condono e sui condomini qualcuno sia tornato indietro…”, ha dichiarato Romeo. Il riferimento è al controverso emendamento, poi ritirato e trasformato in ordine del giorno, che avrebbe riaperto i termini del condono edilizio del 2003, una misura fortemente voluta da FdI ma che ha scatenato la dura reazione delle opposizioni. Un modo per dire che le correzioni in corsa non sono state una prerogativa esclusiva del Carroccio e che la ricerca del “capro espiatorio” non è la soluzione.

Un percorso accidentato verso l’approvazione

L’iter della legge di bilancio è stato descritto da più parti come “tormentato” e “confusionale”. Il maxi-emendamento governativo, arrivato a ridosso delle scadenze, ha di fatto riscritto parti significative della manovra, sollevando le proteste delle opposizioni che hanno lamentato la mancanza di tempo per un esame approfondito. Il braccio di ferro sulle pensioni ha ulteriormente rallentato i lavori, facendo aleggiare lo spettro dell’esercizio provvisorio, poi scongiurato da una maratona notturna e da un calendario serrato per l’approvazione definitiva tra Senato e Camera entro la fine dell’anno.

Alla fine, la maggioranza ha trovato la quadra, ma le cicatrici dello scontro rimangono. Le parole di Romeo, “quando si lavora si possono sottovalutare alcune misure. Poi si corregge e si arriva al risultato”, suonano come un mantra per giustificare un processo legislativo che ha mostrato tutti i limiti di una coalizione coesa sui numeri ma attraversata da visioni e priorità talvolta divergenti. L’importante, ha concluso, “è aver trovato la soluzione”. Una soluzione che, tuttavia, è frutto di un compromesso faticoso, raggiunto dopo aver sfiorato la crisi.

Di veritas

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