Washington e Amman hanno lanciato un segnale inequivocabile nel complesso scacchiere mediorientale. Con un’azione militare coordinata e di vasta portata, le forze armate statunitensi, sotto l’egida del Comando Centrale (Centcom), e i caccia della Reale aeronautica giordana hanno colpito duramente le residue capacità operative dello Stato Islamico (ISIS) nella Siria centrale. L’operazione, denominata “Hawkeye Strike”, ha neutralizzato oltre 70 obiettivi, segnando una delle più significative offensive anti-terrorismo degli ultimi anni nel paese.

L’annuncio è arrivato direttamente dai vertici del Centcom, attraverso una dichiarazione dell’ammiraglio Brad Cooper, che ha confermato l’impiego di un arsenale composito: “Le forze americane hanno colpito più di 70 obiettivi in diverse località della Siria centrale con aerei da combattimento, elicotteri d’attacco e artiglieria”. L’ammiraglio ha poi sottolineato il contributo cruciale dell’alleato regionale: “Anche le Forze Armate giordane hanno fornito supporto con jet da combattimento”. Un messaggio chiaro che ribadisce la solidità di un’alleanza strategica fondamentale per la stabilità dell’area.

I Dettagli dell’Operazione “Hawkeye Strike”

L’offensiva non è stata un fulmine a ciel sereno, ma la risposta diretta e decisa a un agguato avvenuto il 13 dicembre nei pressi della storica città di Palmira, costato la vita a due soldati americani e a un interprete civile. Il nome stesso dell’operazione, “Hawkeye Strike”, è un omaggio ai due militari caduti, membri della Guardia Nazionale dell’Iowa, conosciuto come “The Hawkeye State”. Questa scelta simbolica, come spesso accade nella tradizione militare statunitense, serve a comunicare una ferma determinazione sia all’opinione pubblica interna che agli avversari.

Secondo le informazioni rilasciate dal Centcom, sono state impiegate oltre 100 munizioni di precisione. L’arsenale dispiegato include caccia F-15 ed F-16, aerei da supporto tattico A-10 Thunderbolt II, elicotteri d’attacco AH-64 Apache e sistemi di artiglieria a lungo raggio HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System). I bersagli colpiti erano diversificati e strategicamente rilevanti, includendo:

  • Centri di comando e controllo.
  • Depositi di armi e munizioni.
  • Infrastrutture logistiche e officine.
  • Punti di raccolta e campi di addestramento dei miliziani.

L’area geografica interessata è quella del vasto deserto della Badia, un corridoio che si estende dalle zone a nord di Palmira fino alle province di Deir Ezzor e Raqqa, storiche roccaforti del Califfato. L’obiettivo tattico, come spiegato dall’ammiraglio Cooper, è quello di “dare la caccia senza sosta ai terroristi che cercano di nuocere agli americani e ai nostri partner nella regione”, riducendo drasticamente la loro capacità di pianificare e condurre attacchi.

Il Contesto Geopolitico: Perché l’ISIS è Ancora una Minaccia

Sebbene lo Stato Islamico abbia perso il suo dominio territoriale nel marzo del 2019 con la caduta dell’ultima roccaforte di Baghouz, la sua minaccia non è mai scomparsa. L’organizzazione si è trasformata, passando da un’entità para-statale a una rete clandestina di cellule terroristiche che sfruttano i vuoti di potere e le aree remote e impervie, come il deserto siriano, per riorganizzarsi, reclutare e lanciare attacchi “mordi e fuggi”. La Siria, ancora frammentata dopo anni di guerra civile, rappresenta un terreno fertile per questa recrudescenza.

La partecipazione della Giordania è di fondamentale importanza strategica. Il regno hashemita condivide un lungo confine con la Siria e considera l’instabilità nel paese vicino una minaccia diretta alla propria sicurezza nazionale. Amman è un partner chiave della coalizione internazionale anti-ISIS sin dal 2014 e la sua partecipazione attiva a questa operazione rafforza il fronte regionale contro l’estremismo jihadista.

Reazioni e Prospettive Future

Da parte statunitense, l’operazione “Hawkeye Strike” è stata presentata come un atto di legittima difesa e di deterrenza. L’obiettivo è duplice: da un lato, una rappresaglia per l’attacco subito; dall’altro, un avvertimento a chiunque minacci gli interessi americani e dei loro alleati. Le parole dell’ammiraglio Cooper sono state perentorie: “Continueremo a dare la caccia senza sosta ai terroristi”.

Interessante la reazione di Damasco che, pur non commentando direttamente i raid che rappresentano una violazione della propria sovranità, ha ribadito attraverso il Ministero degli Esteri il proprio impegno nella lotta contro l’ISIS. In una dichiarazione, il governo siriano ha invitato alla cooperazione per impedire che il proprio territorio diventi un rifugio per gruppi estremisti, un segnale che potrebbe aprire a nuovi, complessi scenari diplomatici nella regione.

Questa massiccia operazione militare dimostra che la guerra contro l’ISIS è tutt’altro che finita. La minaccia si è evoluta e richiede una vigilanza costante e operazioni mirate per smantellare le reti che continuano a operare nell’ombra. La stabilità a lungo termine della Siria e dell’intera regione dipenderà non solo dalle azioni militari, ma anche dalla capacità della comunità internazionale di sostenere soluzioni politiche inclusive e processi di ricostruzione che possano eliminare le cause profonde dell’estremismo.

Di atlante

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