Torino – Una vasta operazione interforze ha portato allo sgombero e al sequestro dello storico centro sociale Askatasuna, situato in corso Regina Margherita 47 a Torino. L’intervento, scattato all’alba, ha visto l’impiego di un ingente dispiegamento di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, che hanno circondato e sigillato l’edificio, occupato dal 1996. L’operazione ha portato alla messa in sicurezza della palazzina, con la rimozione di bombole di gas e altro materiale ritenuto potenzialmente pericoloso.
La violazione del patto di collaborazione e la decisione del Sindaco
Il blitz delle forze dell’ordine si inserisce in un contesto investigativo più ampio, legato a una serie di assalti avvenuti nei mesi scorsi durante manifestazioni pro-Palestina, tra cui quelli alle sedi di Leonardo, delle Officine Grandi Riparazioni (Ogr) e del quotidiano La Stampa. Tuttavia, l’elemento che ha determinato una svolta decisiva è stata la scoperta di sei persone che dormivano al terzo e ultimo piano dello stabile, un’area dichiarata inagibile.
Questa violazione ha portato all’immediata reazione del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che ha dichiarato ufficialmente cessato il “patto di collaborazione” siglato a marzo tra il Comune e un comitato di garanti. Tale accordo mirava a trasformare lo stabile in un “bene comune”, consentendo l’utilizzo del solo piano terra da parte degli attivisti, con il divieto esplicito di accedere ai piani superiori. “La Prefettura di Torino ha comunicato alla Città l’accertamento della violazione delle prescrizioni relative all’interdizione all’accesso ai locali,” ha affermato il sindaco, sancendo la fine di un percorso che avrebbe dovuto portare alla regolarizzazione di una parte dello spazio.
Le operazioni di sgombero e le reazioni
L’operazione, iniziata come perquisizione, si è rapidamente trasformata in uno sgombero completo. Le forze dell’ordine hanno murato gli ingressi dello stabile, mentre i Vigili del Fuoco e i tecnici hanno lavorato per mettere in sicurezza l’edificio. Durante le operazioni, è stato concesso agli attivisti di recuperare alcuni effetti personali e due gatti rimasti all’interno.
La notizia dello sgombero ha immediatamente innescato la reazione degli attivisti e dei movimenti solidali. Fin dalle prime ore del mattino, un presidio si è formato all’esterno dell’edificio, tenuto a distanza dal cordone delle forze dell’ordine. La tensione è salita nel pomeriggio, quando la polizia ha utilizzato idranti per disperdere i manifestanti che tentavano di bloccare i mezzi al lavoro. In serata, un corteo ha attraversato il quartiere Vanchiglia, durante il quale si sono verificati lanci di petardi e bottiglie, a cui le forze dell’ordine hanno risposto con lacrimogeni e nuovamente con gli idranti. La questura ha riportato il ferimento di una decina di poliziotti.
Nei giorni successivi, la mobilitazione è proseguita con un corteo che ha visto la partecipazione di migliaia di persone, arrivate anche da altre città, e la presenza di bandiere No Tav e della Palestina. Anche in questa occasione si sono registrati violenti scontri tra un gruppo di manifestanti incappucciati e le forze dell’ordine, con lancio di bombe carta, bottiglie e oggetti. Il bilancio finale degli scontri è di diversi agenti feriti.
Il dibattito politico e le prospettive future
Lo sgombero di Askatasuna ha acceso un intenso dibattito politico. Esponenti del governo e del centrodestra hanno espresso soddisfazione, parlando di un “segnale chiaro” dello Stato contro la violenza. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha rivendicato l’operazione come una dimostrazione che “non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese”. Anche il vicepremier Matteo Salvini ha commentato duramente, invocando le “ruspe sui centri sociali covi di delinquenti”.
D’altra parte, gli attivisti di Askatasuna e le forze politiche di sinistra hanno condannato lo sgombero, definendolo un attacco politico ai movimenti sociali e in particolare a quelli a sostegno della Palestina. “Non saranno perquisizioni o sgomberi a fermare chi lotta,” hanno dichiarato gli attivisti, annunciando nuove mobilitazioni. Il sindaco Lo Russo, pur difendendo la scelta di avviare il patto di collaborazione come un tentativo “coraggioso e lungimirante” per risolvere una situazione trentennale, ha dovuto prendere atto del suo fallimento a seguito delle violazioni riscontrate.
La vicenda di Askatasuna, che in basco significa “libertà”, lascia la città di Torino divisa. Da un lato, le istituzioni che riaffermano il principio di legalità; dall’altro, un movimento che rivendica il proprio spazio di aggregazione politica, sociale e culturale, promettendo di continuare la propria lotta nelle strade. Il futuro dello storico stabile di corso Regina Margherita resta incerto, così come il clima sociale in una città attraversata da profonde tensioni.
