Un percorso a ostacoli, segnato da blitz notturni, veti incrociati e marce indietro. La quarta legge di Bilancio dell’era Meloni ha finalmente superato lo scoglio della commissione Bilancio al Senato, ottenendo il mandato per l’approdo in Aula, previsto per lunedì. Un traguardo raggiunto al termine di una settimana ad altissima tensione, che ha messo a dura prova la tenuta della maggioranza e ha costretto il governo a riscrivere più volte capitoli fondamentali della manovra economica.
Lo scontro sulle pensioni: la Lega alza le barricate
Il cuore della contesa politica si è consumato sul fronte previdenziale. Un primo emendamento governativo, finalizzato a trovare coperture per gli aiuti alle imprese, conteneva una stretta a sorpresa sulle pensioni anticipate, in particolare sul riscatto della laurea e sull’allungamento delle finestre di uscita. La mossa ha provocato l’immediata rivolta della Lega, con il senatore Claudio Borghi in prima linea, che ha minacciato di non votare il pacchetto, facendo vacillare l’esecutivo.
Per evitare una crisi, la premier Giorgia Meloni è dovuta intervenire personalmente, convocando un vertice a Palazzo Chigi per ricucire lo strappo. L’esito è stato un completo dietrofront: l’intero pacchetto pensioni è stato ritirato. La Lega ha potuto così rivendicare la vittoria per aver sventato l’innalzamento dell’età pensionabile, ma ha dovuto ingoiare un rospo amaro su un’altra sua proposta: lo stop alla possibilità di anticipare la pensione di vecchiaia cumulando gli importi maturati nei fondi di previdenza complementare. Questa norma, introdotta appena l’anno precedente su spinta leghista, è stata cancellata. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha minimizzato, affermando che la misura “pare non interessasse a nessuno”.
La nuova versione della manovra introduce anche ulteriori tagli ai fondi per il pensionamento anticipato dei lavoratori precoci e di chi svolge mansioni usuranti e amplia la platea delle aziende obbligate a versare il Tfr al fondo dell’Inps.
Il capitolo imprese: un balletto di norme tra manovra e decreti
Altrettanto travagliato è stato il percorso delle misure a sostegno delle imprese. Inizialmente, le risorse per interventi strategici come Transizione 5.0 e la ZES Unica per il Mezzogiorno erano state stralciate dalla manovra, con l’intenzione di inserirle in un decreto ad hoc. Questa decisione ha scatenato le critiche delle associazioni di categoria. Sotto pressione, il governo ha fatto marcia indietro, reinserendo i fondi in un nuovo maxi-emendamento. Le risorse per il Piano casa, tuttavia, hanno subito una riduzione di 90 milioni nel biennio rispetto alle previsioni iniziali.
Il “giallo” del condono e il clima in commissione
La tensione in commissione ha raggiunto l’apice quando, a sorpresa, è riemerso un emendamento a firma Fratelli d’Italia che riapriva i termini del condono edilizio del 2003. Le opposizioni sono insorte, minacciando ostruzionismo a oltranza e parlando di “blitz inaccettabile”. Dopo minuti di caos e lavori sospesi, il capogruppo di FdI Lucio Malan ha annunciato la trasformazione dell’emendamento in un semplice ordine del giorno, un atto di indirizzo non vincolante per il governo, di fatto ritirando la proposta.
Il clima surriscaldato ha visto anche un battibecco tra il presidente della commissione Nicola Calandrini (FdI) e il senatore di Forza Italia Claudio Lotito. A rasserenare gli animi, in serata, è giunta la visita inusuale del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha voluto ringraziare tutti i commissari per il lavoro svolto.
Le parole di Giorgetti e i prossimi passi
Al centro della bufera per giorni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha respinto le richieste di dimissioni avanzate dalle opposizioni. Ai cronisti che gli chiedevano se avesse considerato un passo indietro, ha risposto con ironia: “Alle dimissioni ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare per me personalmente”. Aggiungendo poi, con tono più serio: “È la mia ventinovesima legge di bilancio, so come funzionano le cose. A me interessa il prodotto finale”.
Ottenuto il via libera della commissione, la manovra approderà in Aula al Senato lunedì per la discussione generale, con il voto finale previsto per martedì. Successivamente, il testo passerà alla Camera per l’approvazione definitiva, che dovrà avvenire entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio.
