Un fine anno a dir poco turbolento per la maggioranza di centrodestra, impegnata su un doppio e scivoloso fronte che ha messo a dura prova la sua tenuta. Da una parte, l’iter della legge di Bilancio si è trasformato in un percorso a ostacoli, culminato in uno scontro aperto con la Lega sul capitolo pensioni, che ha costretto l’esecutivo a un’inversione di rotta. Dall’altra, la definizione del nuovo decreto per gli aiuti all’Ucraina si rivela un puzzle complesso, con il Carroccio che preme per limitare il sostegno a forniture difensive e umanitarie.
Manovra, il braccio di ferro sulle pensioni e il passo indietro del Governo
La discussione sulla manovra finanziaria è stata segnata da ore di intense trattative, emendamenti presentati e ritirati, e una tensione palpabile all’interno della coalizione. Il casus belli è stato un maxi-emendamento governativo che introduceva una stretta sulle pensioni, in particolare sull’allungamento delle finestre mobili per l’accesso al prepensionamento e una revisione del meccanismo di riscatto della laurea che, secondo le critiche, ne avrebbe depotenziato l’efficacia. Misure che hanno immediatamente innescato la dura reazione della Lega, da sempre paladina di una maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro.
Il senatore leghista Claudio Borghi, relatore del provvedimento, ha guidato la fronda, arrivando a minacciare il voto contrario e a parlare di “tecnici troppo zelanti” che avrebbero inserito norme non condivise politicamente. La sua posizione, rivendicata con forza anche sui social network, ha trovato sponda nel partito, costringendo la premier Giorgia Meloni, di ritorno da Bruxelles, a convocare un vertice d’urgenza a Palazzo Chigi con i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. L’obiettivo: ricomporre la frattura ed evitare una crisi dagli esiti imprevedibili.
Alla fine, dopo una lunga notte di negoziati, la mediazione è stata trovata con lo stralcio completo delle norme contestate sulle pensioni dalla legge di Bilancio. Una vittoria politica per la Lega, che ha imposto la sua linea, ma anche un segnale delle difficoltà del governo nel gestire gli equilibri interni su temi così sensibili. Le misure espunte, insieme ad altre destinate alle imprese come quelle per le Zone Economiche Speciali (Zes), potrebbero ora confluire in un decreto legge successivo, anche se questa ipotesi ha sollevato timori per possibili rilievi da parte del Quirinale, data la natura delle materie trattate, più consone a una legge finanziaria.
Il nodo Ucraina: la ricerca di un compromesso sugli aiuti
Se sulla manovra si è giunti a una tregua, seppur faticosa, resta aperto il dossier relativo al sostegno a Kiev. Il governo è al lavoro per varare un nuovo decreto che proroghi l’invio di aiuti, ma anche qui le posizioni non sono univoche. La premier Meloni ha confermato il pieno e “multidisciplinare” supporto all’Ucraina, ma la Lega chiede una netta discontinuità rispetto al passato.
Il partito di Salvini insiste affinché il provvedimento specifichi chiaramente due punti qualificanti:
- Che gli aiuti siano di carattere prevalentemente “civile e umanitario”, come generatori elettrici per sostenere la popolazione e le strutture sanitarie.
- Che le eventuali forniture militari siano esclusivamente di tipo difensivo e non a lungo raggio, per non alimentare un’escalation del conflitto.
Questa posizione, secondo diverse analisi, risponderebbe alla necessità della Lega di marcare una differenza rispetto agli alleati e di presentarsi al proprio elettorato con una postura meno “guerrafondaia”, in linea con un auspicio di pace e negoziati. Nonostante le divergenze, finora la coalizione ha sempre trovato una sintesi unitaria in politica estera, e l’obiettivo è di raggiungere un compromesso anche questa volta. Il testo del decreto è ancora in fase di elaborazione e potrebbe essere approvato in uno dei prossimi Consigli dei Ministri, prima o subito dopo Natale, probabilmente il 22 o il 29 dicembre.
Un equilibrio politico delicato
La doppia partita su manovra e Ucraina evidenzia la complessità degli equilibri all’interno del governo Meloni. La premier si trova a dover mediare costantemente tra le diverse anime della sua maggioranza, cercando di tenere una linea coerente sia sui conti pubblici sia sulla collocazione internazionale dell’Italia. Se da un lato l’irritazione per i “giochini” degli alleati sulla Finanziaria è apparsa evidente, dall’altro prevale la consapevolezza che la stabilità dell’esecutivo è la priorità. Le prossime settimane saranno decisive per capire se la tregua raggiunta sulla manovra reggerà e se si troverà una quadra definitiva anche sul delicato fronte del sostegno all’Ucraina, due banchi di prova fondamentali per la tenuta del centrodestra.
