La complessa e delicata vicenda della famiglia che ha scelto di vivere in un casolare isolato nei boschi di Palmoli, in provincia di Chieti, si arricchisce di un nuovo capitolo. A parlare è Marco Femminella, legale dei genitori, che in una recente intervista ha lamentato la circolazione di “troppe notizie sbagliate, fuorvianti”, sottolineando come queste provengano “purtroppo anche da parte di figure istituzionali che forse dovrebbero avere maggiore riservatezza”. Una presa di posizione netta che mira a riportare il dibattito sui binari della correttezza processuale, in attesa di una decisione che si spera possa arrivare prima delle festività natalizie.
La situazione attuale: ricorso respinto e l’attesa di una nuova valutazione
Il contesto in cui si inseriscono le parole dell’avvocato è quello successivo alla decisione della Corte d’Appello dell’Aquila, che ha recentemente rigettato il reclamo presentato dai legali della coppia contro l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni. Tale ordinanza, emessa il 20 novembre scorso, aveva disposto la sospensione della responsabilità genitoriale per Catherine Birmingham, 45enne australiana, e Nathan Trevallion, 51enne britannico, e il conseguente collocamento dei loro tre figli minori (una bambina di 8 anni e due gemelli di 6) in una casa famiglia a Vasto. Nella struttura protetta è presente anche la madre, che può trascorrere del tempo con i bambini.
Nonostante il rigetto del ricorso, la speranza della famiglia non si è spenta. L’avvocato Femminella ha dichiarato: “Abbiamo lavorato, abbiamo dato elementi che a nostro parere possono rimuovere quelle che sono state le problematiche che hanno portato a questo momento di dolore. Siamo in attesa anche noi come loro”. L’auspicio è che il caso possa risolversi a breve, possibilmente “prima di Natale”. La Corte d’Appello, pur confermando la validità del provvedimento di allontanamento al momento della sua emissione, ha riconosciuto “apprezzabili” i progressi compiuti dai genitori. Sarà ora compito dei giudici di primo grado valutare questi nuovi elementi per decidere sul possibile ricongiungimento del nucleo familiare.
Le origini della vicenda: una scelta di vita radicale
La storia della famiglia Trevallion-Birmingham è emersa lo scorso anno a seguito di un’intossicazione da funghi che ha richiesto il ricovero di tutti i membri. Questo episodio ha acceso i riflettori su una scelta di vita non convenzionale: crescere i propri figli in un’ex casa colonica senza allacci tradizionali a luce e acqua corrente, sostituite da pannelli solari e un pozzo. La coppia, composta da un’ex cavallerizza internazionale e un ex chef, ha sempre difeso il proprio progetto esistenziale, basato su un ideale di libertà, rispetto per la natura e un approccio educativo di “un-schooling” (non scolarizzazione).
I genitori hanno sempre sostenuto che i loro figli fossero sereni, in ottima salute e seguiti da una pediatra, descrivendo una quotidianità fatta di vita all’aria aperta e apprendimento libero. Tuttavia, le relazioni dei servizi sociali hanno evidenziato diverse criticità.
Le criticità sollevate dai servizi sociali
Le valutazioni che hanno portato alla drastica decisione del Tribunale si basano su una serie di rilievi contenuti in una relazione dei servizi sociali. I punti principali riguardano:
- Condizioni abitative: Ritenute inadeguate per la crescita dei minori.
- Isolamento sociale: Un forte isolamento che limiterebbe il diritto dei bambini alla vita di relazione, come sancito dall’articolo 2 della Costituzione.
- Aspetti sanitari: L’assenza di un riferimento pediatrico costante e il rifiuto di alcuni controlli.
- Istruzione: Gravi lacune scolastiche. Secondo quanto riferito dalla tutrice nominata dal tribunale, i minori non saprebbero leggere e la figlia maggiore riuscirebbe a scrivere solo il proprio nome sotto dettatura.
La relazione descrive anche le reazioni dei bambini una volta inseriti nella casa famiglia: avrebbero manifestato paura e disorientamento di fronte a oggetti di uso comune come un interruttore della luce o il soffione della doccia. Si parla di “deprivazioni” sul piano relazionale ed educativo e di abitudini igieniche precarie, come indossare gli stessi vestiti per un’intera settimana. Gli operatori hanno notato come i bambini abbiano reagito con gioia alle nuove attenzioni, dai vestiti puliti alle attività ludiche, esprimendo il desiderio di “stare al caldo”.
Un caso mediatico e politico
La vicenda ha rapidamente travalicato i confini locali, diventando un caso di rilevanza nazionale che ha polarizzato l’opinione pubblica e il mondo politico. Migliaia di persone hanno firmato una petizione online a sostegno della famiglia, mentre la comunità di Palmoli si è mobilitata chiedendo il ritorno a casa dei bambini. Sul fronte politico, si è registrato l’intervento del leader della Lega, Matteo Salvini, che ha espresso “vergogna e sdegno” per la decisione dei giudici, a cui si sono contrapposte posizioni di segno diverso da parte di esponenti della sinistra, trasformando la questione in un terreno di scontro ideologico.
In questo clima di forte esposizione mediatica, anche la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Abruzzo, Alessandra De Febis, è intervenuta per richiamare al rispetto della privacy dei minori, sottolineando come informazioni sensibili non avrebbero dovuto essere divulgate. Le parole dell’avvocato Femminella sulla “mistificazione del processo” si inseriscono proprio in questo contesto teso, nel tentativo di riportare la discussione alla sua dimensione giuridica, incentrata esclusivamente sul superiore interesse dei bambini.
