La Corte d’Appello di Milano ha riformato la sentenza di primo grado a carico del filosofo e scrittore Leonardo Caffo, dimezzando la pena da quattro a due anni di reclusione per il reato di maltrattamenti aggravati nei confronti della sua ex compagna. La decisione è giunta a seguito dell’accoglimento della proposta di “concordato in appello” avanzata dal legale dell’imputato, l’avvocato Fabio Schembri.

L’accordo, che ha ricevuto il consenso della sostituta procuratrice generale Franca Macchia, prevede diversi punti qualificanti. La riduzione della pena è stata subordinata all’impegno di Caffo a intraprendere, entro sei mesi, un percorso psico-educativo specifico presso un centro specializzato per uomini autori di violenza. Questo elemento rappresenta un punto centrale della sentenza, spostando parzialmente il focus dalla mera sanzione a un tentativo di riabilitazione e presa di coscienza.

I dettagli della sentenza d’appello

Oltre al dimezzamento della pena detentiva, la Corte ha concesso a Caffo il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione nel casellario giudiziale. Quest’ultima misura implica che la condanna non comparirà sulla sua “fedina penale” a uso di privati, un dettaglio non trascurabile che gli consentirà, ad esempio, di continuare a insegnare. In primo grado, infatti, era stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Un altro aspetto significativo della sentenza riguarda l’accusa di lesioni. I giudici d’appello hanno assolto il filosofo da questo capo d’imputazione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. La difesa ha sostenuto, e la Corte ha evidentemente accolto tale tesi, che la frattura a un dito della mano riportata dalla ex compagna durante una lite non fosse stata causata intenzionalmente. L’avvocato della donna ha tuttavia precisato che l’assoluzione è legata al mancato riconoscimento del dolo, non all’assenza delle lesioni stesse.

L’accordo ha inoltre comportato la rinuncia ai motivi d’appello da parte della difesa e la revoca della costituzione di parte civile da parte della ex compagna, che era già stata risarcita con una somma di circa 45 mila euro.

Dal primo grado al concordato: l’evoluzione del caso

La sentenza di primo grado, emessa nel dicembre 2024, aveva condannato Caffo a quattro anni di reclusione, descrivendo nelle motivazioni un “comportamento che denota una volontà manipolatoria” basato su “schemi patriarcali del tutto inaccettabili”. I giudici avevano parlato di “reiterati e costanti” atteggiamenti “mortificanti e vessatori” che sfociavano in violenza verbale e fisica. La vicenda giudiziaria aveva avuto un forte impatto mediatico, portando anche a polemiche sulla sua partecipazione a eventi culturali come la fiera “Più libri più liberi”.

La scelta del concordato in appello, istituto che permette alle parti di accordarsi sulla pena senza svolgere l’intero processo di secondo grado, ha cambiato radicalmente l’esito della vicenda. L’avvocato Schembri ha affermato che il suo assistito “riconosce di aver tenuto un comportamento inadeguato nell’ambito di un rapporto affettivo”.

Le reazioni e il significato del percorso rieducativo

Al termine dell’udienza, Leonardo Caffo ha espresso soddisfazione per la chiusura della vicenda, pur parlando della complessità di “cedere dei pezzi”. “Abbiamo fatto un concordato, a volte bisogna cedere delle cose per andare avanti”, ha dichiarato, sottolineando di aver intrapreso un percorso di consapevolezza personale già da tempo. Ha inoltre lamentato di essere stato “massacrato sulla stampa” e che la sua credibilità sia stata “distrutta”.

L’inserimento di un percorso rieducativo in una sentenza per maltrattamenti è un segnale culturale rilevante. Sottolinea un approccio che, accanto alla punizione, cerca di affrontare le radici del comportamento violento, promuovendo la responsabilizzazione dell’autore del reato. Questi percorsi mirano a decostruire modelli relazionali abusanti e a sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva, rappresentando uno strumento importante nel più ampio sforzo di contrasto alla violenza di genere.

Di veritas

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