Un percorso a ostacoli, quasi una “tela di Penelope” come è stata definita, continuamente tessuta e disfatta. La Legge di Bilancio per il 2026 ha tenuto con il fiato sospeso imprese, lavoratori e mercati, in un susseguirsi di annunci, retromarce e colpi di scena. Alla fine, dopo una giornata di intense trattative e tensioni all’interno della maggioranza, la soluzione è arrivata sotto forma di un maxi-emendamento del Governo, depositato in Commissione Bilancio del Senato. Un intervento in extremis per recuperare misure considerate strategiche per il tessuto economico del Paese, che in un primo momento sembravano destinate a confluire in un decreto legge separato.

Il salvataggio delle misure per le imprese: Transizione 5.0 e ZES

Il cuore del maxi-emendamento è rappresentato dal pacchetto di aiuti alle imprese, inizialmente messo in discussione a causa di divergenze politiche sulle coperture, in particolare quelle di natura previdenziale sollevate dalla Lega. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva inizialmente parlato di un decreto legge da approvare la settimana successiva, per poi virare sull’emendamento come soluzione più rapida. Grazie a questo intervento, tornano in gioco risorse fondamentali per sostenere la competitività del sistema produttivo italiano.

In particolare, vengono rifinanziati:

  • Il credito d’imposta Transizione 5.0: una misura chiave per accompagnare le aziende nel processo di trasformazione digitale ed energetica. Si tratta di un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, legati ai processi di trasformazione digitale in chiave Industria 4.0. La misura, che mette a disposizione 12,7 miliardi di euro nel biennio 2024-2025, è condizionata al raggiungimento di una riduzione dei consumi energetici.
  • La ZES Unica (Zona Economica Speciale) per il Mezzogiorno: vengono confermate risorse aggiuntive per le aziende che hanno fatto domanda per il credito d’imposta, con un incremento delle aliquote per i settori dell’agricoltura, pesca e acquacoltura.

Inoltre, l’emendamento rende strutturale l’iperammortamento fino al 2028, con aliquote di maggiorazione differenziate per scaglioni di investimento, favorendo in particolare le piccole e medie imprese.

Previdenza: le novità su TFR e pensioni

Anche il capitolo previdenziale, fonte di accesi dibattiti, ha subito importanti modifiche. La novità più significativa reintrodotta dall’emendamento è il meccanismo del silenzio-assenso per il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) dei nuovi assunti nel settore privato a partire da luglio 2026. In pratica, se il lavoratore non esprimerà una scelta diversa entro 60 giorni, il suo TFR verrà automaticamente destinato alla previdenza complementare. Questa misura, fortemente richiesta dai sindacati come la Cisl, mira a incentivare il secondo pilastro pensionistico.

Contestualmente, si allarga la platea delle aziende obbligate a versare il TFR al fondo di tesoreria dell’INPS. Dal 2026 l’obbligo scatterà per le imprese che raggiungono i 50 dipendenti, per poi estendersi a quelle con almeno 40 dipendenti dal 2032.

Tuttavia, non tutte le proposte iniziali hanno trovato spazio. È stata infatti cancellata la possibilità di anticipare la pensione di vecchiaia cumulando gli importi derivanti dai fondi di previdenza complementare, una norma introdotta solo l’anno precedente. Questa soppressione, secondo le relazioni tecniche, dovrebbe generare un risparmio di spesa significativo per le casse dello Stato. Inoltre, è previsto un taglio di 40 milioni annui a partire dal 2033 al Fondo per il pensionamento anticipato dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti.

Altre misure rilevanti: dalla rottamazione al Piano Casa

Il maxi-emendamento interviene anche su altri fronti:

  • Rottamazione quinquies: Via libera alla nuova sanatoria delle cartelle esattoriali per debiti dal 2000 al 2023. La Lega ottiene una modifica favorevole sui tassi di interesse per le rate, che scendono dal 4% al 3%.
  • Piano Casa: Vengono stanziate ulteriori risorse, sebbene quelle inserite in manovra (10 milioni per il 2026) siano considerate insufficienti da più parti.
  • Ritenuta d’acconto per le imprese: Cambiano le regole, con un’anticipazione della misura al 2028 con aliquota allo 0,5%, che salirà all’1% dal 2029.
  • Tassazione agevolata: Viene ampliata la platea per la tassazione al 5% sugli incrementi retributivi, estendendola ai contratti rinnovati nel 2024 e ai redditi fino a 33.000 euro.

È importante notare che alcune proposte discusse in precedenza, come una nuova tassa sulla vendita dell’oro da investimento, non sono entrate nel testo finale, dimostrando il complesso lavoro di mediazione politica dietro la stesura definitiva della manovra.

Un iter complesso e le prospettive future

L’approvazione della Legge di Bilancio si è rivelata un processo tutt’altro che lineare, segnato da frizioni politiche che hanno portato allo stralcio e al successivo recupero di norme fondamentali. Il ricorso a un maxi-emendamento all’ultimo minuto, se da un lato ha permesso di salvare interventi cruciali per l’economia, dall’altro ha evidenziato le difficoltà nel trovare una sintesi all’interno della maggioranza. Ora l’attesa è per l’approvazione definitiva in Parlamento, che dovrà avvenire entro la fine dell’anno per evitare l’esercizio provvisorio. Un percorso che, come ha sottolineato il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è fisiologico nel dibattito parlamentare, ma che quest’anno è apparso particolarmente tortuoso.

Di atlante

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