Roma – Una notte ad altissima tensione quella vissuta dal governo italiano, che ha sfiorato la crisi durante il delicato esame della manovra finanziaria in commissione Bilancio al Senato. A far vacillare la maggioranza è stata la ferma e improvvisa opposizione della Lega a una stretta sulle pensioni, misura concepita dai tecnici del Ministero dell’Economia per reperire le coperture necessarie a finanziare alcuni aiuti alle imprese. Lo scontro, consumatosi a cavallo della mezzanotte, ha costretto l’esecutivo a un repentino dietrofront, congelando la norma e mettendo in luce le profonde fibrillazioni che attraversano la coalizione di centrodestra. Il tutto mentre la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si trovava a Bruxelles, impegnata in uno dei passaggi più critici del Consiglio europeo sul prestito da 90 miliardi di euro all’Ucraina.

La genesi dello scontro: riscatto della laurea e finestre mobili

La miccia che ha innescato la rivolta del Carroccio è stata un emendamento governativo che introduceva modifiche sostanziali al sistema previdenziale. Le misure più contestate erano due: una revisione del meccanismo di riscatto degli anni di laurea, che ne avrebbe di fatto ridotto l’utilità per anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, e un allungamento delle cosiddette “finestre mobili”, ovvero il periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti pensionistici e l’effettiva erogazione dell’assegno. Secondo le ricostruzioni, queste norme avrebbero dovuto generare le risorse, stimate in circa 3,5 miliardi di euro, per prorogare importanti incentivi per le imprese, come l’iperammortamento.

La proposta, inserita a sorpresa nel maxiemendamento presentato a soli quindici giorni dalla scadenza per l’approvazione della legge di Bilancio, ha immediatamente provocato la dura reazione della Lega. Il partito di Matteo Salvini, che ha sempre fatto della battaglia contro la riforma Fornero uno dei suoi cavalli di battaglia, ha visto in queste misure un tradimento della propria linea politica e un attacco inaccettabile ai diritti dei lavoratori e dei futuri pensionati.

Una notte di trattative e minacce

Mentre i lavori della commissione Bilancio andavano avanti a singhiozzo, con continue sospensioni, dietro le quinte si è scatenata una frenetica attività diplomatica. Il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, ha avviato una serie di contatti, culminati in una telefonata diretta al Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, esponente di spicco dello stesso partito. A seguire, si è tenuta una conference call cruciale che ha coinvolto, oltre a Giorgetti e Romeo, figure chiave del governo come il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, il sottosegretario all’Economia Federico Freni, la Ragioniera Generale dello Stato Daria Perrotta e i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.

Le posizioni sono apparse subito nette. Da una parte i tecnici del Mef e della Ragioneria, che insistevano sulla necessità della stretta previdenziale per mantenere i saldi di bilancio; dall’altra la Lega, che minacciava di non votare l’emendamento, un atto che avrebbe significato una crisi di governo. Fonti del Carroccio hanno smentito di aver messo sul tavolo la tenuta dell’esecutivo, parlando piuttosto di una questione di “sensibilità politica”, ma la tensione è stata palpabile. Lo stesso leader Matteo Salvini ha ribadito la posizione inflessibile del partito: “Siamo già uno dei Paesi europei dove si lavora più a lungo, il sistema è virtuoso, regge, quindi se servono dei soldi, si trovano in altre tasche, non allungando l’età pensionabile”.

Il dietrofront del governo e l’irritazione di Meloni

Di fronte al muro contro muro e all’impossibilità di disturbare la premier Meloni durante il vertice europeo, la quadra è stata trovata solo a notte fonda con il ritiro completo del pacchetto previdenziale. Il ministro Ciriani ha annunciato in commissione che le misure contestate sarebbero state stralciate e che le coperture sarebbero state trovate altrove, probabilmente tramite una rimodulazione di fondi del Mef destinati agli investimenti. Un nuovo emendamento, definito “più light”, è stato quindi presentato per salvare le misure per le imprese, come la proroga delle maxi deduzioni fiscali e le modifiche al Pnrr.

La notizia della crisi sfiorata ha raggiunto Giorgia Meloni solo a ore di distanza. Secondo fonti di Palazzo Chigi, la premier sarebbe risultata “tutt’altro che entusiasta” per le tensioni emerse, un’irritazione già manifestata in passato ogni qual volta problemi interni alla maggioranza sono esplosi durante sue delicate missioni all’estero. Per ricomporre la frattura, una volta rientrata, Meloni ha convocato un vertice a Palazzo Chigi con i vicepremier Salvini e Tajani e il ministro Giorgetti per serrare i ranghi e chiudere senza ulteriori incidenti il capitolo della legge di Bilancio.

Le conseguenze politiche e le reazioni

L’episodio ha lasciato strascichi politici evidenti. Le opposizioni hanno parlato di un “governo nel caos” e di una “maggioranza che implode”. Molti hanno puntato il dito contro il ministro Giorgetti, accusato di essere stato “dimesso” dal suo stesso partito, con richieste di dimissioni avanzate da esponenti del Partito Democratico e di Italia Viva. Dal canto suo, la Lega ha rivendicato la vittoria, presentandosi come l’unico vero baluardo a difesa dei pensionati all’interno della coalizione. Ai piani alti del governo, invece, si è cercato di minimizzare, parlando di “dinamiche fisiologiche” tipiche delle fasi finali dell’approvazione di una manovra. Tuttavia, l’incidente ha mostrato una crepa significativa nella coesione dell’esecutivo e ha messo in luce la difficile convivenza tra le istanze politiche dei partiti e i rigidi vincoli di bilancio imposti dal Ministero dell’Economia.

Di veritas

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