La Bolivia sta attraversando un periodo di forte turbolenza sociale ed economica a seguito della controversa decisione del nuovo presidente Rodrigo Paz di eliminare i sussidi statali sui carburanti. Questa misura, entrata in vigore tramite un decreto, ha provocato un’impennata dei prezzi alla pompa, con la benzina che ha visto raddoppiare il suo costo e il diesel addirittura triplicarlo. L’impatto sulla popolazione è stato immediato e devastante, scatenando un’ondata di proteste che sta mettendo a dura prova la stabilità del paese andino a poco più di un mese dall’insediamento del nuovo esecutivo di centro-destra.
La Scintilla della Protesta: Scioperi e Blocchi Stradali
La reazione alla “terapia d’urto” del governo non si è fatta attendere. I sindacati dei trasporti, sostenuti da comitati di quartiere e da diversi settori politici, hanno immediatamente proclamato lo sciopero, paralizzando di fatto le principali città del paese come La Paz e Santa Cruz. Blocchi stradali e manifestazioni hanno interrotto il trasporto pubblico, creando enormi disagi per i cittadini e mettendo in ginocchio le attività commerciali. I conducenti, colpiti direttamente dall’aumento dei costi operativi, chiedono a gran voce un aumento delle tariffe per poter sopravvivere, una richiesta che si scontra con le preoccupazioni per un’ulteriore spirale inflazionistica.
Le strade della Bolivia sono diventate il palcoscenico di una crescente frustrazione popolare. “Il governo ha fatto ai cittadini il peggior regalo di Natale”, ha dichiarato un leader sindacale, riassumendo il sentimento diffuso tra la popolazione. Oltre al caro-trasporti, si registra già un aumento generalizzato dei prezzi dei beni di prima necessità, aggravando la situazione per le fasce più deboli della popolazione.
La Difesa del Governo: una “Scelta Dolorosa ma Necessaria”
Dal canto suo, l’esecutivo guidato da Rodrigo Paz difende la misura come una scelta “dolorosa ma necessaria” per risanare le finanze pubbliche e stabilizzare un’economia in grave difficoltà. Il presidente ha parlato di un “salvataggio economico storico”, sottolineando di aver ereditato un paese con “un’economia ferita, senza riserve, senza dollari, con un’inflazione in aumento, senza carburante e con uno Stato saccheggiato”. Secondo le stime del governo, l’eliminazione dei sussidi, che pesavano sul bilancio statale per circa 3,5 miliardi di dollari all’anno, è una mossa indispensabile per contrastare il contrabbando e chiudere un “ciclo populista che ha incoraggiato sprechi e corruzione”.
Per mitigare l’impatto sociale, il governo ha annunciato un pacchetto di misure compensative, tra cui:
- Un aumento del 20% del salario minimo nazionale.
- Un incremento della “Renta Dignidad” per gli anziani.
- Un aumento del bonus “Juancito Pinto” per gli studenti.
Inoltre, sono state promesse agevolazioni fiscali per il settore dei trasporti, come la riduzione dei dazi sull’importazione di ricambi e pneumatici. Tuttavia, queste misure non sembrano aver placato il malcontento generale.
Un Contesto Economico Critico
La decisione di rimuovere i sussidi si inserisce in un contesto economico estremamente delicato per la Bolivia. Il paese da tempo affronta una persistente carenza di dollari e di carburanti, una situazione che ha già causato lunghe code alle stazioni di servizio e ha alimentato la frustrazione sociale. La dipendenza dalle importazioni di carburante (circa il 60% della benzina e il 90% del diesel) ha prosciugato le riserve di valuta estera, rendendo la politica dei sussidi economicamente insostenibile. L’inflazione accumulata, secondo il Ministero dell’Economia, si prevede chiuderà l’anno al 22%.
Le Voci Critiche e le Prospettive Future
Nonostante il sostegno di alcuni settori imprenditoriali, la misura ha sollevato un coro di critiche. Il vicepresidente Edmand Lara e l’ex presidente Jorge Quiroga hanno espresso forti preoccupazioni per il rischio di un’impennata dell’inflazione e di un ulteriore impoverimento delle fasce più vulnerabili. Anche l’ex presidente Evo Morales ha definito la decisione “improvvisata”, denunciando una “sproporzione economica inaccettabile” tra l’aumento dei salari e quello dei carburanti.
Il governo ha ribadito la propria disponibilità al dialogo, ma ha escluso categoricamente un passo indietro sul decreto, definendolo “non negoziabile”. La palla passa ora ai sindaci, a cui è stata delegata la trattativa sulle tariffe urbane con i trasportatori. Il futuro immediato della Bolivia appare incerto. Le proteste potrebbero estendersi a livello nazionale se non si troverà una soluzione condivisa. La scommessa del presidente Paz è ad alto rischio: convincere una popolazione stremata che i sacrifici di oggi porteranno a benefici a lungo termine. La stabilità del suo governo e del paese intero dipenderà dalla sua capacità di navigare questa complessa crisi economica e sociale.
