Roma – La commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera definitivo all’emendamento alla legge di Bilancio che sancisce formalmente la proprietà delle riserve auree della Banca d’Italia al “popolo italiano”. L’approvazione, avvenuta a margine dei lavori sulla manovra finanziaria, rappresenta il culmine di un dibattito politico decennale e una significativa vittoria per i partiti della maggioranza, in particolare Fratelli d’Italia e Lega, che da anni si battono per questo principio.

Una battaglia storica per la maggioranza

L’annuncio è stato accolto con toni trionfalistici dai promotori della norma. Il senatore della Lega e relatore della manovra, Claudio Borghi, ha definito l’approvazione “un momento molto importante” e il coronamento di una sua “battaglia di 11 anni”. “Penso che sia una delle cose più importanti di questa manovra. Riaffermare il principio ci riporta nella normalità, messa in pericolo da pretese sul nostro oro da parte dei più disparati soggetti”, ha dichiarato Borghi, sottolineando come ora sarà chiaro a tutti che il vero proprietario è il popolo italiano, sebbene l’oro rimarrà custodito presso la Banca d’Italia.

Anche da Fratelli d’Italia è emersa grande soddisfazione. Il senatore e relatore Guido Liris ha parlato di “una grande vittoria di una battaglia storica portata avanti da Giorgia Meloni”. Liris ha evidenziato come la norma rappresenti un “motivo di grandissimo orgoglio”, rimarcando l’importanza del dibattito degli ultimi dieci anni e, soprattutto, il fatto che sulla misura “c’è stato il consenso di Lagarde”.

Il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, primo firmatario dell’emendamento, ha ribadito il concetto, parlando di una vittoria che mette al riparo le 2.452 tonnellate di riserve auree italiane da future manovre speculative. Ha inoltre ricordato come questa sia una battaglia che il suo partito porta avanti da tempo, con iniziative parlamentari già nel 2014 e 2019.

Il dialogo con la BCE e la riformulazione del testo

Il percorso dell’emendamento non è stato privo di ostacoli. La proposta iniziale aveva infatti suscitato le preoccupazioni della Banca Centrale Europea (BCE), che aveva messo in guardia dal rischio di violare l’indipendenza delle banche centrali nazionali e i trattati europei. La presidente Christine Lagarde era intervenuta direttamente, invitando il governo italiano a una riflessione.

Questa frizione ha portato a un’intensa interlocuzione tra il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e la stessa Lagarde. Il risultato è stata una riformulazione del testo dell’emendamento da parte del governo, che ha recepito le osservazioni di Francoforte. La nuova versione, pur confermando il principio della proprietà popolare, ha inserito un esplicito riferimento al rispetto del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in particolare agli articoli 123, 127 e 130. Questo passaggio cruciale garantisce che la gestione e la detenzione delle riserve auree restino saldamente in capo alla Banca d’Italia, nel pieno rispetto della sua autonomia e del quadro normativo del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC).

Il ministro Giorgetti ha rassicurato la BCE che non vi è alcuna intenzione di spostare l’oro dal bilancio di Bankitalia o di utilizzarlo per finanziare la spesa pubblica, una mossa che violerebbe i trattati.

Cosa cambia in concreto? Il valore simbolico e giuridico

Dal punto di vista pratico e immediato, la norma non avrà effetti concreti sui cittadini né sui saldi di finanza pubblica. L’Italia possiede una delle più grandi riserve auree al mondo, circa 2.452 tonnellate, per un valore di mercato che supera i 200 miliardi di euro. Questo patrimonio non verrà utilizzato per coprire le spese della manovra o per ridurre il debito pubblico.

Il valore dell’emendamento è, quindi, prevalentemente giuridico e simbolico. Esso mira a:

  • Chiarire la titolarità pubblica: La norma interpreta una legge del 1988 (DPR n. 148), specificando che le riserve auree appartengono al Popolo Italiano. Questo, secondo i proponenti, mette al riparo il “tesoro degli italiani” da eventuali pretese future di soggetti privati o stranieri.
  • Affermare un principio di sovranità: Per la maggioranza di governo, si tratta di un’affermazione politica di sovranità su un bene considerato strategico e simbolo della ricchezza nazionale.

La norma, quindi, non modifica la governance delle riserve, che restano gestite in autonomia da Banca d’Italia, ma interviene sul piano del principio di proprietà, cercando un equilibrio tra affermazione nazionale e rispetto dei vincoli europei.

Di veritas

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