Brasilia – In un clima politico ancora rovente e profondamente diviso, il Senato del Brasile ha approvato in via definitiva un disegno di legge che ha scatenato un vero e proprio terremoto politico. Con 48 voti favorevoli e 25 contrari, è passata la proposta che riduce le pene per i condannati in relazione agli assalti alle sedi dei tre poteri dello Stato avvenuti l’8 gennaio 2023. Un provvedimento che, secondo molti osservatori, potrebbe avere conseguenze dirette anche sulla posizione dell’ex presidente Jair Bolsonaro, condannato a oltre 27 anni di carcere per il suo coinvolgimento nel tentato golpe di fine 2022.

La “Legge della Dosimetria”: un compromesso al veleno

Il testo, già approvato in precedenza dalla Camera dei Deputati con 291 voti a favore e 148 contrari, è stato ribattezzato “legge della dosimetria”. Nato come alternativa a una più radicale proposta di amnistia totale, che avrebbe estinto i reati, questo provvedimento mantiene le condanne ma apre alla possibilità per i detenuti di richiedere significativi sconti di pena. Secondo i promotori, come il deputato Paulinho da Força, l’obiettivo è “pacificare il Brasile”. Tuttavia, la legge è vista dall’opposizione come un tentativo di minimizzare la gravità di un attacco senza precedenti al cuore della democrazia brasiliana.

La normativa, se entrasse in vigore, potrebbe drasticamente ridurre il periodo minimo di detenzione per molti condannati, incluso lo stesso Bolsonaro. Attualmente, l’ex presidente dovrebbe scontare almeno sei-otto anni prima di poter accedere a misure alternative; con la nuova legge, questo periodo potrebbe scendere a un minimo di due-quattro anni, a discrezione dei giudici. Una prospettiva che ha infiammato il dibattito pubblico e le aule parlamentari.

Scontro tra poteri: il veto annunciato di Lula

Il provvedimento attende ora solo la promulgazione del capo dello Stato, Luiz Inácio Lula da Silva. Tuttavia, dal palazzo presidenziale del Planalto sono giunte chiare indicazioni: il presidente è orientato a porre il suo veto integrale. Secondo quanto riportato dal quotidiano Folha de São Paulo, Lula ha già comunicato la sua intenzione agli alleati, definendo l’iniziativa dell’opposizione “inaccettabile” e concepita unicamente per favorire Bolsonaro.

La decisione di Lula, se confermata, aprirebbe una nuova e delicata fase di confronto istituzionale. Il Parlamento, infatti, avrebbe la possibilità di respingere il veto presidenziale. Per farlo, sarebbe necessaria una maggioranza assoluta in entrambe le Camere: almeno 257 voti alla Camera e 41 al Senato. Numeri che, stando agli attuali equilibri politici, l’opposizione potrebbe riuscire a raggiungere, prefigurando uno scontro istituzionale di vasta portata.

Le radici dell’8 gennaio e le divisioni del Paese

Gli eventi dell’8 gennaio 2023 rappresentano una delle pagine più buie della recente storia brasiliana. Migliaia di sostenitori di Jair Bolsonaro, rifiutando la vittoria elettorale di Lula, presero d’assalto il Congresso Nazionale, il Palazzo Presidenziale e la sede della Corte Suprema a Brasilia. Secondo le indagini, non si trattò di una protesta spontanea, ma di un’azione pianificata inserita in una strategia più ampia volta a contestare l’esito del voto e a mantenere Bolsonaro al potere.

La discussione sulla riduzione delle pene ha riacceso le profonde divisioni che attraversano il Paese. Per l’area bolsonarista e i partiti di destra, si tratta di una necessaria correzione a sanzioni giudicate sproporzionate e punitive. Per l’esecutivo, la sinistra e ampi settori della società civile, invece, il provvedimento rappresenta un pericoloso passo indietro, un tentativo di “passare un colpo di spugna” su un attacco diretto alle istituzioni democratiche. Le prossime settimane saranno decisive per comprendere l’esito di questa battaglia politica e le sue ripercussioni sulla stabilità del Brasile.

Di atlante

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