Roma – Un’atmosfera carica di tensione ha pervaso l’Aula della Camera dei Deputati durante le comunicazioni della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del Consiglio Europeo del 18 e 19 dicembre. A catalizzare lo scontro politico è stato l’intervento della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha accusato l’esecutivo di una politica estera debole e ambigua, puntando il dito contro le divisioni interne alla maggioranza e i presunti legami con posizioni filo-russe.

La voce “sussurrata” dell’Italia in Europa

“Il Consiglio europeo affronterà un bivio cruciale, l’Italia deve avere una voce autorevole, la sua è un sussurro”, ha esordito Elly Schlein, criticando aspramente la postura del governo Meloni sullo scacchiere internazionale. Secondo la leader del PD, l’Italia non incide, non orienta e non guida i processi decisionali a Bruxelles, manifestando un’incertezza che ne depotenzia il ruolo. Il cuore della critica di Schlein risiede nella presunta frammentazione della maggioranza, che si tradurrebbe in una posizione debole e inefficace. “Avete tre posizioni diverse, è vero che avete una risoluzione unica ma non ci avete scritto niente dentro. È facile così”, ha incalzato la segretaria dem, riferendosi al documento unitario presentato dal centrodestra, a suo dire volutamente vago per mascherare le divergenze interne.

La premier Meloni, nelle sue repliche, ha respinto fermamente le accuse, rivendicando la coesione del suo governo in contrapposizione alla frammentazione delle opposizioni, che hanno presentato ben cinque risoluzioni diverse. “Noi ci siamo presentati con un’unica risoluzione per tre partiti”, ha sottolineato Meloni, aggiungendo ironicamente: “Ma se non riuscite a chiarire se siete alleati oppure no, immagino come possano andare le cose in politica estera”. La Camera ha infine approvato la risoluzione della maggioranza con 177 voti favorevoli e 123 contrari, respingendo tutti i testi delle opposizioni.

L’ombra di Trump e i dubbi su Salvini

Un altro punto nevralgico dell’intervento di Schlein ha riguardato l’influenza delle dinamiche politiche statunitensi sulla strategia italiana, con un riferimento diretto all’ex presidente Donald Trump. La segretaria del PD ha accusato il governo di “immobilismo” in attesa di “capire che aria tira a Washington”. Il fulcro della preoccupazione è il cosiddetto “piano di Trump” per l’Ucraina, che secondo Schlein “concede a Putin ciò che non è riuscito ancora a conquistare sul campo”.

Questa accusa si è intrecciata con un affondo diretto al vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini. “Matteo Salvini è ancora il vicepresidente o ambisce a fare il portavoce di Mosca?”, ha domandato provocatoriamente Schlein. La questione dei rapporti tra la Lega e la Russia di Putin è un tema ricorrente nel dibattito politico italiano, e le parole della segretaria dem hanno riacceso i riflettori su presunte ambiguità che, a suo dire, minano la credibilità internazionale dell’Italia. Anche altri esponenti dell’opposizione, come Peppe Provenzano del PD, hanno rincarato la dose, affermando che le dichiarazioni di un vicepremier elogiate dal governo russo diventano “un problema dell’Italia”.

La difesa del governo e la linea sull’Ucraina

Dal canto suo, la Presidente Meloni ha difeso la linea del governo, in particolare sul delicato dossier ucraino e sulla gestione degli asset russi congelati. Ha ribadito la necessità di mantenere la pressione economica su Mosca, pur confermando che “l’Italia non invierà soldati in Ucraina”. Riguardo all’utilizzo dei beni russi per la ricostruzione ucraina, la premier ha predicato cautela, sottolineando l’importanza di una “base legale solida” per evitare rischi reputazionali, di ritorsione o nuovi oneri per i bilanci nazionali. Una posizione che ha suscitato il dibattito, con il leader del M5S, Giuseppe Conte, che ha messo in guardia la premier sui rischi di firmare accordi senza un’adeguata valutazione.

Nelle sue repliche, Meloni ha rivendicato con forza l’autonomia della politica estera italiana, rigettando la dicotomia tra Europa e Stati Uniti. “Non considero che il ruolo dell’Italia in politica estera sia un ruolo da cheerleader”, ha affermato, sostenendo che l’obiettivo è “costruire delle prospettive strategiche” e che lei starà “sempre e solo con l’Italia”.

Lo scontro in Aula ha così messo in luce non solo le divergenze sulla politica estera, ma anche una profonda frattura sulle alleanze internazionali e sul posizionamento strategico dell’Italia in un contesto globale sempre più complesso e instabile.

Di veritas

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