ROMA – Una giornata ad altissima tensione per il Governo, culminata con una retromarcia tanto attesa quanto politicamente significativa. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è intervenuta direttamente in Aula al Senato per porre fine a una “grana” che rischiava di minare la coesione della sua maggioranza: la controversa stretta sulle pensioni inserita nella legge di Bilancio. “L’emendamento andrà corretto”, ha dichiarato la premier, annunciando che il governo eliminerà i tagli retroattivi sul riscatto della laurea e valuterà modifiche anche sull’allungamento delle finestre di uscita dal lavoro. Un passo indietro resosi necessario dopo il fuoco incrociato proveniente non solo dalle opposizioni, ma soprattutto dagli alleati della Lega e, in misura minore, da Forza Italia.

LA MICCIA: COSA PREVEDEVA LA STRETTA SULLE PENSIONI

Al centro del contendere vi era un maxi-emendamento governativo alla manovra che introduceva modifiche sostanziali al sistema previdenziale, destinate a entrare in vigore progressivamente. Le due misure più contestate erano:

  • Riscatto della Laurea: La norma prevedeva una penalizzazione per chi ha riscattato gli anni di studio universitario per anticipare l’accesso alla pensione. In pratica, una parte crescente dei contributi versati per il riscatto non sarebbe più stata considerata valida ai fini del raggiungimento dell’anzianità contributiva per la pensione anticipata, con una svalutazione che poteva arrivare fino a 30 mesi. La forte critica è nata dal fatto che la misura sembrava avere carattere retroattivo, colpendo anche chi aveva già completato il pagamento.
  • Allungamento delle Finestre Mobili: Il secondo punto critico riguardava la cosiddetta “finestra mobile”, ovvero il lasso di tempo che intercorre tra la maturazione dei requisiti pensionistici e l’effettiva erogazione dell’assegno. Attualmente fissata a tre mesi, la proposta prevedeva un suo allungamento graduale a partire dal 2032, fino ad arrivare a sei mesi dal 1° gennaio 2035. Questo, sommato all’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita, avrebbe di fatto costretto i lavoratori a rimanere in servizio più a lungo.

LA RIVOLTA NELLA MAGGIORANZA: LA LEGA SULLE BARRICATE

La presentazione dell’emendamento ha immediatamente scatenato la durissima reazione della Lega. Esponenti di primo piano del Carroccio hanno evocato le famigerate “manine”, accusando i tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) di aver inserito norme non concordate politicamente. “Colpa di un tecnico troppo zelante, di un burocrate del Mef”, ha tuonato Armando Siri, coordinatore dei dipartimenti della Lega e uomo vicino a Matteo Salvini. Sulla stessa linea il senatore e relatore della manovra, Claudio Borghi, che ha parlato di “clausole di salvaguardia inserite da qualche tecnico troppo zelante”. “Finché c’è la Lega al governo non esiste né oggi né mai nessun provvedimento che alzi i parametri dell’età pensionabile”, ha ribadito Siri, sottolineando che “le scelte politiche le fa il Parlamento”.

La Lega non si è limitata alle proteste verbali, ma ha depositato un proprio emendamento per sopprimere integralmente entrambe le misure, proponendo come copertura alternativa un eventuale innalzamento dell’Irap a partire dal 2033 come clausola di salvaguardia. Anche Forza Italia, seppur con toni più cauti, ha manifestato perplessità. “È una stretta che parte dal 2030, ci ragioneremo con il governo con calma”, ha affermato il portavoce azzurro Raffaele Nevi, lasciando intendere la necessità di un confronto.

L’INTERVENTO DI MELONI E IL DIETROFRONT DEL GOVERNO

Di fronte a una maggioranza in fibrillazione e al rischio di un incidente parlamentare sulla legge più importante dell’anno, è stata la stessa Giorgia Meloni a prendere in mano la situazione. Durante le comunicazioni in Senato, la premier ha rassicurato tutti: “Nessuno che ha riscattato la laurea vedrà cambiata l’attuale situazione. Qualsiasi modifica che dovesse intervenire varrà solo per il futuro”. Una chiara marcia indietro sulla retroattività, con il MEF che si è subito messo al lavoro per correggere il testo. Resta da definire se verrà modificata anche la parte relativa all’allungamento delle finestre mobili, come richiesto a gran voce dalla Lega.

LE OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO: “FURTO E TRADIMENTO”

Mentre la maggioranza si ricompattava dopo lo scontro, le opposizioni sono andate all’attacco, criticando sia la misura iniziale sia la gestione caotica della vicenda. “La loro stangata sulle pensioni è un furto sia ai giovani che agli anziani. Vergognatevi!”, ha dichiarato la segretaria del PD, Elly Schlein. Duro anche il capogruppo M5s al Senato, Stefano Patuanelli, che ha definito “surreale” l’atteggiamento della Lega che “ha il ministro dell’Economia e accusa i burocrati del Mef”. Per Nicola Fratoianni di Avs, il governo “ha tradito gli elettori”, mentre Matteo Renzi (IV) ha sottolineato lo “spregio del Parlamento” nell’annunciare una modifica così importante con una semplice replica in Aula.

LA CORSA CONTRO IL TEMPO DELLA MANOVRA

Risolto, almeno per ora, il nodo pensioni, la legge di Bilancio prosegue il suo iter a tappe forzate. I tempi sono strettissimi: l’approdo in Assemblea al Senato è previsto per lunedì, per poi passare alla Camera per il voto definitivo tra Natale e Capodanno. Il via libera finale è atteso sul filo di lana, entro il 30 dicembre. Nel frattempo, in commissione sono state archiviate altre proposte che avevano suscitato dibattito, come l’innalzamento della soglia per i pagamenti in contante da 5.000 a 10.000 euro, emendamento poi ritirato da Fratelli d’Italia.

Di veritas

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