Un colpo senza precedenti al cuore finanziario della ‘Ndrangheta, che non passa solo attraverso la confisca dei beni ma anche, e con sempre maggiore incisività, attraverso il fisco. La Guardia di Finanza di Reggio Calabria, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), ha eseguito un maxi sequestro preventivo da quasi 18 milioni di euro. Il provvedimento colpisce otto persone già condannate in primo grado a 20 anni di reclusione per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, emerse dalla vasta indagine nota come “Operazione Eureka”.

La cifra sequestrata non è il provento diretto del narcotraffico, bensì corrisponde all’ammontare delle imposte evase su quei guadagni illeciti. Un’azione investigativa complessa, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, che segna un’evoluzione strategica nel contrasto alle mafie, applicando i principi della tassazione ai redditi di provenienza criminale.

L’indagine fiscale che svela i profitti milionari

L’inchiesta fiscale trae origine dagli esiti della stessa operazione “Eureka”, che nel maggio 2023 portò all’esecuzione di oltre 100 misure cautelari in Italia e in Europa, smantellando una potente rete di narcotrafficanti legata alle cosche della ‘ndrangheta del mandamento jonico. Gli investigatori delle Fiamme Gialle, coordinati dalla Procura guidata da Giuseppe Borrelli, hanno meticolosamente ricostruito l’enorme giro d’affari del sodalizio.

Attraverso l’analisi di intercettazioni telefoniche e delle conversazioni avvenute tramite telefoni criptati (come Encrochat e SkyEcc), è stato possibile quantificare con precisione i guadagni occulti. Gli inquirenti hanno accertato l’importazione di oltre 1,4 tonnellate di cocaina non intercettata, immessa sul mercato a un prezzo che oscillava tra i 29.000 e i 32.500 euro al chilogrammo. Questo ha permesso di stimare redditi occultati al fisco per oltre 42 milioni di euro, dai quali è scaturita un’evasione fiscale calcolata, appunto, in quasi 18 milioni di euro.

I destinatari del provvedimento sono figure di vertice dell’organizzazione, con ruoli di organizzatori, dirigenti e finanziatori, che gestivano le trattative con i fornitori colombiani, stabilivano i prezzi e si occupavano della ripartizione dei profitti.

Il principio: “Nessun trattamento di favore rispetto ai contribuenti onesti”

La Dda di Reggio Calabria ha sottolineato in una nota il principio cardine di questa operazione: “non riservare ai medesimi sodali coinvolti un trattamento fiscale di favore rispetto ai contribuenti onesti”. Questo approccio si fonda su una norma precisa, l’articolo 14 della legge 537/1993, che stabilisce la tassabilità dei proventi derivanti da attività illecite. In sostanza, ogni forma di ricchezza, anche quella di origine criminale, deve concorrere alle spese pubbliche, in base al principio costituzionale della capacità contributiva.

Questa strategia non solo priva le organizzazioni criminali delle loro risorse finanziarie, ma ne mina anche la legittimità, assoggettandole alle stesse regole che governano l’economia legale. Un paradosso solo apparente, che si rivela uno strumento efficace per lo Stato.

L’economia “non osservata” e il PIL

L’azione della Procura reggina si inserisce in un contesto economico più ampio. Come ricordato dagli stessi inquirenti, da anni l’Istat include il traffico di sostanze stupefacenti nel calcolo del Prodotto Interno Lordo (PIL), all’interno della cosiddetta “economia non osservata”. Per il 2023, il valore di questo mercato illegale è stato stimato in circa 15 miliardi di euro a livello nazionale. Cifre che danno la misura della potenza economica delle mafie e dell’importanza di azioni di contrasto che ne aggrediscano i patrimoni sotto ogni profilo, incluso quello fiscale. L’Agenzia delle Entrate di Reggio Calabria, infatti, ha già emesso avvisi di accertamento per il recupero delle imposte e l’applicazione delle relative sanzioni.

Il sequestro eseguito a Reggio Calabria rappresenta, quindi, non solo un successo investigativo, ma anche un’affermazione culturale e giuridica: di fronte allo Stato, non esistono zone franche, nemmeno quelle create con la violenza e l’illegalità del narcotraffico.

Di veritas

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