Il Nicaragua si chiude sempre più in se stesso, erigendo nuove barriere non solo fisiche, ma anche culturali e spirituali. In una mossa che ha destato sconcerto e ferma condanna a livello internazionale, il regime sandinista guidato dal presidente Daniel Ortega e dalla sua consorte e copresidente, Rosario Murillo, ha vietato l’ingresso nel paese di Bibbie, libri, riviste e giornali stampati. Questa drastica misura, che colpisce in particolar modo turisti e viaggiatori provenienti via terra, rappresenta l’ultimo, preoccupante capitolo di una sistematica repressione della libertà religiosa e di informazione in questa nazione centroamericana.
I dettagli del divieto: un controllo capillare alle frontiere
La notizia, diffusa dai principali media indipendenti nicaraguensi come La Prensa e 100% Noticias, ha trovato conferma ufficiale negli avvisi affissi nelle stazioni della compagnia di trasporto internazionale Tica Bus. Quest’ultima, che gestisce la cruciale rotta tra San José, capitale del Costa Rica, e Managua, ha informato i passeggeri del nuovo regolamento imposto dalle autorità nicaraguensi. Oltre al materiale di lettura, la lista degli oggetti proibiti include anche apparecchiature considerate “sensibili” dal governo, come telecamere, droni e altri dispositivi elettronici. La discrezionalità con cui le autorità possono definire un oggetto “sensibile” apre le porte a un controllo ancora più arbitrario e pervasivo.
Questa politica restrittiva non è un fulmine a ciel sereno, ma si inserisce in un contesto di progressivo deterioramento dei diritti umani e delle libertà civili che affligge il Nicaragua da diversi anni. La strategia repressiva del regime di Ortega, intensificatasi a partire dalle proteste del 2018, ha già portato alla chiusura di numerose testate giornalistiche indipendenti e alla persecuzione di voci critiche.
La reazione internazionale e la condanna delle organizzazioni per i diritti umani
La decisione ha immediatamente sollevato un coro di proteste da parte di organizzazioni religiose e per la difesa dei diritti umani. L’organizzazione internazionale Christian Solidarity Worldwide (CSW) ha lanciato un forte allarme, definendo il divieto come parte di “un modello sistematico di repressione delle espressioni di fede indipendenti”. Anna Lee Stangl, responsabile di CSW per le Americhe, ha chiesto al governo nicaraguense di “revocare immediatamente questa proibizione”, sottolineando come sacerdoti e leader religiosi nel paese siano già vittime di arresti arbitrari e come le celebrazioni pubbliche siano permesse solo a gruppi allineati con il regime.
La preoccupazione è condivisa da numerosi osservatori internazionali, che vedono in questa mossa un ulteriore, pericoloso irrigidimento del controllo statale. La comunità internazionale è chiamata a monitorare attentamente la situazione e a esercitare pressioni sul governo di Ortega affinché rispetti gli obblighi internazionali in materia di diritti umani, inclusa la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di espressione.
Un contesto di repressione sistematica
Per comprendere appieno la gravità di questo divieto, è essenziale analizzare il contesto in cui si inserisce. Dal 2018, il governo di Ortega ha messo in atto una vera e propria strategia volta a smantellare ogni forma di dissenso e opposizione. Secondo dati di organizzazioni per i diritti umani, sono state chiuse migliaia di organizzazioni della società civile, comprese oltre 1.300 di matrice religiosa. La Chiesa Cattolica, in particolare, è stata oggetto di attacchi e intimidazioni per il suo ruolo di critica nei confronti del governo e di sostegno ai manifestanti.
La libertà di stampa è stata praticamente azzerata. Giornalisti e media indipendenti subiscono costanti pressioni, censure e persecuzioni. Il caso del quotidiano La Prensa, costretto a pubblicare dagli Stati Uniti dopo l’irruzione della polizia nella sua redazione e l’arresto del suo amministratore, è emblematico di un clima di intimidazione che non lascia spazio a un’informazione libera e plurale. Le recenti purghe all’interno del sistema giudiziario hanno ulteriormente consolidato il potere nelle mani dell’esecutivo, eliminando di fatto ogni forma di controllo e bilanciamento.
Il divieto di importare Bibbie e altri materiali stampati non è quindi un atto isolato, ma l’apice di una politica liberticida che mira a isolare il popolo nicaraguense e a privarlo degli strumenti culturali e spirituali per formare un pensiero critico e indipendente. È un attacco diretto al cuore della conoscenza, della fede e della libertà individuale.
