ROMA – Un lampo di luce accecante, un’eco proveniente dalle profondità del tempo, quando l’Universo era ancora un neonato cosmico. Il telescopio spaziale James Webb (JWST), gioiello tecnologico delle agenzie spaziali di NASA, ESA e CSA, ha compiuto un’impresa straordinaria: ha osservato la supernova più antica e lontana mai rilevata. L’esplosione, catalogata come GRB 250314A, è avvenuta quando il cosmo aveva appena 730 milioni di anni, ovvero circa il 5% della sua età attuale, in un’epoca conosciuta come l’Era della Reionizzazione. Questa scoperta non solo frantuma il record precedente, detenuto sempre da Webb con una supernova a 1,8 miliardi di anni dal Big Bang, ma apre una finestra diretta sulla vita e la morte delle prime, misteriose stelle massicce.
Una Staffetta Cosmica per Inseguire un Fantasma Luminoso
La caccia a questo evento primordiale è iniziata il 14 marzo 2025. A dare l’allarme è stato il telescopio franco-cinese Svom (Space-based multi-band astronomical Variable Objects Monitor), lanciato nel 2024 e progettato appositamente per scovare fenomeni transienti e violenti come i lampi di raggi gamma (Gamma-Ray Bursts, GRB). Svom ha rilevato un lampo gamma della durata di circa 10 secondi, un segnale tipicamente associato al collasso del nucleo di una stella molto massiccia che precede una supernova.
Da quel momento è scattata una vera e propria staffetta internazionale che ha coinvolto una rete di osservatori spaziali e terrestri. In meno di due ore, il Neil Gehrels Swift Observatory della NASA ha individuato la sorgente nei raggi X, fornendo le coordinate precise. Undici ore dopo, il Nordic Optical Telescope nelle Isole Canarie ha catturato il bagliore residuo (l’afterglow) nella luce infrarossa, suggerendo la grande distanza dell’evento. Infine, quattro ore più tardi, il potentissimo Very Large Telescope (VLT) dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) in Cile ha misurato il redshift (lo spostamento verso il rosso della luce dovuto all’espansione dell’Universo) a un valore di circa z = 7,3, confermando l’incredibile distanza e datando l’esplosione a soli 730 milioni di anni dopo il Big Bang.
L’Occhio Infallibile di James Webb
Tuttavia, per avere la certezza che dietro a quel lampo gamma si celasse effettivamente una supernova, era necessario l’intervento del più potente telescopio mai costruito. “Solo Webb poteva dimostrare direttamente che questa luce proviene da una supernova, una stella massiccia in fase di collasso”, ha affermato Andrew Levan, professore presso la Radboud University di Nimega e l’Università di Warwick, autore principale di uno dei due studi pubblicati sulla rivista Astronomy and Astrophysics Letters.
A causa dell’espansione cosmica, la luce di eventi così remoti non solo viene “stirata” verso lunghezze d’onda più rosse (il redshift), ma anche il tempo stesso appare dilatato. Gli astronomi hanno calcolato che la supernova avrebbe raggiunto il picco della sua luminosità mesi dopo il lampo gamma iniziale. E così, il 1° luglio 2025, tre mesi e mezzo dopo la prima rilevazione, la Near-Infrared Camera (NIRCam) di Webb è stata puntata sulla posizione esatta, catturando la debole luce rossastra della supernova e, per la prima volta in un evento così distante, riuscendo a distinguere anche la sua galassia ospite. Quest’ultima appare come una piccola macchia di pochi pixel, ma la sua sola rilevazione è considerata una svolta fondamentale per comprendere il contesto in cui vivevano le prime stelle.
Una Supernova Antica ma Sorprendentemente “Moderna”
Una delle sorprese più grandi emerse dalle osservazioni di Webb è la notevole somiglianza di questa supernova primordiale con quelle che osserviamo nell’Universo più vicino e recente. Gli scienziati si aspettavano di trovare differenze significative, poiché si ritiene che le prime stelle fossero composte quasi esclusivamente da idrogeno ed elio, gli elementi forgiati dal Big Bang, e fossero quindi molto più massicce e con vite più brevi rispetto alle stelle attuali, ricche di elementi pesanti.
“Siamo partiti con una mentalità aperta”, ha spiegato Nial Tanvir, coautore dello studio e professore all’Università di Leicester. “Ed ecco che Webb ha dimostrato che questa supernova assomiglia esattamente alle supernovae moderne”. Questo risultato inatteso suggerisce che alcuni meccanismi fisici fondamentali che governano la morte delle stelle massicce potrebbero essere rimasti costanti per oltre 13 miliardi di anni. Saranno necessarie ulteriori osservazioni per capire se si tratta di un caso isolato o di una caratteristica comune delle prime esplosioni stellari.
Implicazioni per la Comprensione dell’Universo Primordiale
Questa scoperta ha implicazioni profonde per l’astrofisica. Dimostra la capacità del James Webb di individuare e studiare singoli eventi stellari nell’alba cosmica, un’impresa ritenuta quasi impossibile fino a poco tempo fa. I lampi di raggi gamma si confermano così come potentissimi fari, capaci di segnalare la posizione di galassie altrimenti troppo deboli per essere viste, permettendoci di mappare l’Universo durante l’Era della Reionizzazione.
Il team di ricerca ha già ottenuto altro tempo di osservazione con Webb per dare la caccia ad altri eventi simili. L’obiettivo è utilizzare il bagliore residuo dei GRB per analizzare la composizione chimica delle galassie primordiali e comprendere come le prime generazioni di stelle abbiano arricchito il cosmo con gli elementi pesanti necessari alla formazione di pianeti e, infine, della vita. Ogni nuova supernova scoperta a queste distanze siderali aggiunge un tassello fondamentale al grande puzzle della nostra storia cosmica.
