BRESCIA – Un’importante operazione dei Carabinieri ha messo fine alle attività criminali di una baby gang, denominata “069”, che da tempo seminava il terrore tra i giovani della Val Trompia e dell’hinterland bresciano. All’alba di lunedì 15 dicembre, i militari della Compagnia di Gardone Val Trompia, con il supporto del Comando Provinciale di Brescia e del Nucleo Cinofili di Casatenovo (Lecco), hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di altrettanti giovani, di età compresa tra i 17 e i 19 anni, tutti minorenni all’epoca dei fatti contestati. L’operazione ha interessato i comuni di Brescia, Villa Carcina, Sarezzo e Concesio.
Le accuse e le misure cautelari
I provvedimenti, emessi dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale per i minorenni di Brescia su richiesta della Procura, sono pesanti e riflettono la gravità dei reati commessi. Tre dei giovani sono stati collocati in comunità, mentre per gli altri cinque è stato disposto l’obbligo di permanenza in casa. Le accuse a loro carico, a vario titolo, sono numerose e gravi: si va dalle aggressioni violente e rapine, alle estorsioni, minacce, atti persecutori, furti, danneggiamenti e porto di armi od oggetti atti ad offendere. I fatti contestati si sarebbero verificati in un arco temporale esteso, tra settembre 2022 e marzo 2025, creando un clima di paura e insicurezza.
Il modus operandi della gang “069”
Dalle indagini è emersa l’esistenza di un gruppo criminale non verticistico, composto sia da maggiorenni che da minorenni, che agiva con particolare ferocia. Le vittime designate erano spesso altri coetanei, scelti per la loro vulnerabilità, inclusi minorenni e persone con disabilità, a testimonianza di una preoccupante brutalità. Gli inquirenti hanno documentato oltre 30 episodi. Il movente non era solo l’appropriazione di piccole somme di denaro, capi d’abbigliamento firmati, smartphone o altri oggetti di valore, ma spesso la volontà di affermare il proprio potere e controllo sul territorio attraverso l’umiliazione e l’intimidazione. Le aggressioni avvenivano spesso sfruttando la superiorità numerica, per poi concludersi con minacce volte a imporre il silenzio alle vittime.
Il secondo capitolo di un’indagine complessa
L’operazione odierna rappresenta il completamento di un’attività investigativa più ampia, avviata dalla Stazione dei Carabinieri di Villa Carcina. Un primo filone si era già concluso il 16 settembre 2024 con l’esecuzione di sette misure cautelari a carico dei membri maggiorenni del gruppo “069”. Questi ultimi sono stati successivamente condannati nel maggio 2024 a pene detentive severe, comprese tra i due e gli otto anni di reclusione.
L’indagine è partita da una serie di denunce per rapine e aggressioni. Il lavoro meticoloso degli investigatori, che hanno raccolto testimonianze e analizzato immagini di videosorveglianza e contenuti dei telefoni cellulari sequestrati, ha permesso di ricostruire il quadro completo e di identificare tutti i presunti responsabili.
Perquisizioni e sequestri: l’arsenale della banda
Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari, sono state effettuate anche 17 perquisizioni a carico di altri indagati, di età compresa tra i 15 e i 20 anni (tre minorenni e quattordici maggiorenni), con la notifica dei relativi avvisi di garanzia. Durante queste perquisizioni è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale: pistole (una a salve e una ad aria compressa), tirapugni, un taser, coltelli a serramanico e diverse bombole di protossido di azoto, noto come “gas esilarante” e utilizzato come sostanza stupefacente. Le autorità hanno sottolineato la pericolosità di tale sostanza, che può causare gravi danni neurologici.
La valutazione del Giudice e il percorso rieducativo
Dalle carte dell’inchiesta, emerge un quadro inquietante di giovani “abituati a commettere reati”. Il giudice ha disposto che i 25 indagati totali vengano affidati ai servizi sociali per una valutazione psicodiagnostica. Sarà inoltre coinvolto il Sert per verificare l’eventuale dipendenza da sostanze stupefacenti, un passo fondamentale per comprendere le radici del disagio e avviare un percorso di recupero. Le testimonianze delle vittime sono drammatiche: c’è chi ha dovuto intraprendere una terapia per gestire l’ansia scaturita dalle violenze subite.
