ROMA – Un verdetto senza appello, una metafora stradale tanto semplice quanto efficace per descrivere il sentimento di un’intera industria. “Troppo poco, troppo poco. Con le mezze svolte, con le mezze curve facciamo gli incidenti”. Con queste parole, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha stroncato le recenti novità proposte dalla Commissione Europea per il settore automobilistico, un pacchetto di misure che, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe traghettare l’automotive continentale verso la decarbonizzazione senza però sacrificarne la competitività. Ma per il numero uno degli industriali italiani, la strada imboccata è quella sbagliata, lastricata di incertezze e priva di una visione strategica chiara.

La “Mezza Curva” di Bruxelles: Cosa Cambia Davvero?

Al centro del dibattito c’è la clamorosa, seppur parziale, marcia indietro sullo stop totale alla vendita di auto con motore a combustione interna (benzina e diesel) a partire dal 2035. La proposta originaria, pilastro del Green Deal, prevedeva un azzeramento delle emissioni di CO2 allo scarico. La nuova versione, invece, fissa l’asticella a una riduzione del 90% rispetto ai livelli del 2021. Questo 10% residuo apre di fatto la porta a diverse tecnologie, consentendo la sopravvivenza sul mercato, anche dopo il 2035, di veicoli ibridi plug-in, ibridi leggeri e persino auto con motore a combustione interna, a patto che le emissioni vengano compensate. Le compensazioni potranno avvenire, ad esempio, tramite l’utilizzo di acciaio “verde” a basse emissioni prodotto nell’UE o attraverso l’impiego di biocarburanti ed e-fuel, sui quali l’Italia punta molto.

La Commissione ha presentato questa revisione come un approccio più “pragmatico” e “tecnologicamente neutrale”, volto a sostenere l’industria in una transizione complessa. Il pacchetto include anche altre misure, come un allentamento degli obiettivi per i furgoni (riduzione del 40% anziché del 50% entro il 2030), un piano da 1,8 miliardi di euro (“Battery Booster”) per sostenere la filiera europea delle batterie e incentivi per la produzione di piccole auto elettriche accessibili.

La Critica di Confindustria: “Eliminare l’Incertezza, non Aumentarla”

Nonostante l’apparente apertura, la reazione di Emanuele Orsini è stata glaciale. “Questi fanno delle mezze cose tutte le volte”, ha rincarato il presidente di Confindustria, sottolineando come l’industria non possa pianificare il proprio futuro basandosi su compromessi e ambiguità. “La verità è che con le mezze cose non si pianifica. Allora bisogna che la smettano di fare mezze cose: devono fare cose e oggi non le stanno facendo”. Il messaggio è chiaro: serve una rotta definita, non una correzione di traiettoria che genera ulteriore confusione.

La posizione di Orsini riflette una preoccupazione più ampia, radicata da tempo nel tessuto industriale italiano ed europeo. Il timore è che un approccio ideologico, focalizzato unicamente sull’elettrico, possa distruggere una filiera strategica, causando la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e rendendo l’Europa dipendente da attori esterni, in primis la Cina, per tecnologie e materie prime fondamentali come il litio per le batterie. “Abbiamo fatto di tutto per deindustrializzare l’Europa”, aveva già affermato Orsini in passato, accusando le precedenti politiche comunitarie di non aver considerato l’impatto reale delle norme sull’industria.

Un Coro di Voci Dissonanti: Il Settore si Divide

La posizione di Confindustria non è isolata. Anche Stellantis, pur riconoscendo l’introduzione della neutralità tecnologica come un passo importante, ha definito le misure “insufficienti”. Il gruppo guidato da Antonio Filosa ha evidenziato come il pacchetto non fornisca una soluzione praticabile per il critico segmento dei veicoli commerciali leggeri e non favorisca la produzione di veicoli accessibili alla maggioranza dei consumatori. L’associazione dei costruttori europei (ACEA) parla di “primo passo”, ma sottolinea che “il diavolo può nascondersi nei dettagli”.

D’altro canto, il Governo italiano ha accolto la proposta con maggiore ottimismo. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, l’ha definita “un primo passo nella giusta direzione” e una “breccia nel muro dell’ideologia”. Una visione condivisa dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Tuttavia, anche per l’esecutivo si tratta di un punto di partenza, non di arrivo, auspicando un cambiamento più radicale.

Diametralmente opposta la reazione delle organizzazioni ambientaliste. Legambiente parla di “scelta miope e perdente” che rischia di regalare un vantaggio competitivo alla Cina, mentre Greenpeace la definisce “una pessima notizia per il clima”. Per l’organizzazione Transport & Environment (T&E), ogni euro speso per gli ibridi plug-in è un euro sottratto agli investimenti cruciali per l’elettrificazione, proprio mentre la concorrenza cinese accelera.

La Sfida della Competitività e il Fantasma Cinese

Al di là delle singole posizioni, il nodo cruciale resta la competitività dell’industria automobilistica europea in uno scenario globale in rapida trasformazione. La critica di Orsini evidenzia la necessità di una politica industriale europea che non si limiti a fissare scadenze e divieti, ma che supporti attivamente le imprese nel percorso di innovazione, tutelando il principio della neutralità tecnologica. Questo significa permettere a diverse soluzioni – dall’elettrico all’idrogeno, passando per i biocarburanti avanzati – di competere sul mercato in base alla loro efficienza e sostenibilità lungo l’intero ciclo di vita (approccio Life Cycle Assessment), superando l’attuale visione limitata alle sole emissioni allo scarico.

L’incertezza normativa, lamentata da Orsini, frena gli investimenti e rischia di far perdere terreno all’Europa rispetto a competitor come la Cina, che avanza a grandi passi nella produzione di veicoli elettrici e nel controllo della filiera delle batterie, o gli Stati Uniti, che con politiche pragmatiche attirano investimenti. La richiesta dell’industria, incarnata dalle parole del presidente di Confindustria, non è un “no” alla transizione ecologica, ma una domanda di realismo, pragmatismo e, soprattutto, di una strategia chiara. Perché, come ammonisce Orsini, in un mercato globale così competitivo, le “mezze curve” portano inevitabilmente fuori strada.

Di davinci

La vostra guida digitale nell’oceano dell’informazione 🌊, dove curiosità 🧐 e innovazione 💡 navigano insieme alla velocità della luce ⚡.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *