Manduria, provincia di Taranto – Una telefonata, una promessa non mantenuta, poi il silenzio. Inizia così, in un tranquillo venerdì pomeriggio, il mistero che avvolge la figura di Antonio Campeggio, 54 anni, un nome noto alle cronache non solo locali per il suo passato da esponente di primo piano della frangia manduriana della Sacra Corona Unita. Quella che per giorni è stata classificata come una preoccupante scomparsa, si è trasformata in un’indagine per omicidio, un caso di “lupara bianca” che scuote le fondamenta della comunità e riaccende i riflettori sulla persistente influenza della criminalità organizzata nel tessuto sociale pugliese.
L’ultima telefonata e la scomparsa
Tutto ha inizio nel primo pomeriggio di venerdì 12 dicembre. Antonio Campeggio, conosciuto in città con il soprannome di “Tonino lo scippatore”, contatta la sorella, con cui conviveva. “Tra dieci minuti arrivo”, le dice al telefono intorno alle 13:20. Quelle parole, tuttavia, segnano l’ultimo contatto con i suoi familiari. A casa, per pranzo, Campeggio non arriverà mai. Passano le ore, l’attesa si fa angoscia. Il fratello prova a chiamarlo ripetutamente, ma il cellulare risulta irraggiungibile, spento. È il segnale che fa scattare l’allarme definitivo.
I familiari, convinti che non si trattasse di un allontanamento volontario data la sua routine e il forte legame con i figli, iniziano le ricerche. Un primo, fondamentale indizio arriva dal sistema GPS installato sulla Citroën in uso all’uomo. L’auto viene localizzata in via Farini, nel centro di Manduria. È parcheggiata regolarmente, chiusa a chiave, senza alcun segno di scasso o effrazione. Questo dettaglio, anziché chiarire, infittisce il mistero: Campeggio ha parcheggiato l’auto e poi è svanito nel nulla? È salito su un altro veicolo, spontaneamente o costretto?
Le indagini: l’ombra della Sacra Corona Unita
La denuncia formale ai Carabinieri della compagnia di Manduria, guidati dal maggiore Alessandro Torto, dà il via ufficiale alle indagini. Gli inquirenti non escludono alcuna pista, ma il passato di Campeggio orienta fin da subito le attenzioni verso l’ambiente della criminalità organizzata. L’uomo, sebbene libero, era sottoposto alla misura della libertà vigilata. Il suo curriculum criminale è pesante: sentenze passate lo hanno visto affiliato prima al clan di Vincenzo Stranieri, alias “Stellina”, per poi avvicinarsi a Massimo Cinieri, noto come “Massimino Molletta”, fino a raggiungere una posizione di vertice come capo di un proprio gruppo. Negli anni ’90 aveva scontato una condanna a 18 anni per omicidio e altri reati di stampo mafioso. Più recentemente, nel 2017, il suo nome era emerso nell’inchiesta “Impresa”, che portò allo scioglimento del consiglio comunale di Manduria per infiltrazioni mafiose.
Nonostante questo passato, Campeggio sembrava aver intrapreso un percorso diverso. Lavorava in un’azienda agricola locale e conduceva una vita metodica, scandita dagli impegni lavorativi e familiari. La mattina della scomparsa, come ogni giorno, aveva accompagnato i figli a scuola prima di recarsi al lavoro. Proprio questa apparente normalità cozza con l’ipotesi di una fuga volontaria, rafforzando nei familiari e negli investigatori il timore di un epilogo ben più tragico.
La svolta: da scomparso a vittima di lupara bianca
Le indagini si concentrano sull’analisi delle immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti in via Farini e nelle aree circostanti. L’obiettivo è ricostruire gli ultimi movimenti di Campeggio dopo aver lasciato la sua auto. Ha incontrato qualcuno? Chi lo attendeva? Per giorni, le ricerche non danno esito, e il caso rimane avvolto in un alone di mistero. La comunità di Manduria vive ore di apprensione, consapevole che un passato come quello di Campeggio difficilmente si cancella.
La svolta, drammatica, arriva a confermare i peggiori sospetti. Sebbene i dettagli sul ritrovamento del corpo non siano stati resi pubblici nell’immediato, le indiscrezioni trapelate dagli ambienti investigativi e le successive conferme hanno trasformato il caso in un’inchiesta per omicidio. L’ipotesi più accreditata è quella di un’esecuzione mafiosa, una “lupara bianca” orchestrata per eliminare un personaggio divenuto scomodo o per saldare vecchi conti mai chiusi. Il passato, che Antonio Campeggio forse sperava di essersi lasciato alle spalle, è tornato a presentargli il conto nel modo più violento e definitivo.
