Il governo del presidente argentino, Javier Milei, ha ufficialmente inviato al Congresso un progetto di legge per riformare la “Legge sui Ghiacciai” (Legge 26.639), una normativa in vigore dal 2010 che stabilisce standard minimi per la protezione dei ghiacciai e dell’ambiente periglaciale. La mossa, annunciata tramite un comunicato dell’Ufficio di Presidenza, mira a sbloccare significativi investimenti, in particolare nel settore minerario, sostenendo che l’attuale legge, a causa di “gravi lacune” e “pretesti ideologici”, ha ostacolato lo sviluppo economico del Paese.

La proposta di riforma è stata inserita nell’agenda delle sessioni straordinarie del Congresso, convocate dal presidente fino al 30 dicembre, segnalando l’urgenza che il governo attribuisce a questa modifica legislativa. L’obiettivo dichiarato è quello di “portare ordine nel quadro normativo esistente, porre fine a interpretazioni arbitrarie e consolidare un modello di federalismo ambientale”, come si legge nella nota ufficiale.

Le ragioni della riforma: sviluppo economico e richieste provinciali

Secondo il governo, la legge del 2010 presenta “incertezze” interpretative, specialmente riguardo all’estensione delle aree periglaciali, che hanno generato insicurezza giuridica e paralizzato investimenti. La riforma risponderebbe direttamente alle richieste delle province minerarie, in particolare quelle del “Tavolo sul Litio” (Catamarca, Jujuy e Salta) e del “Tavolo sul Rame” (Mendoza e San Juan), ricche di risorse cruciali per la transizione energetica globale. Queste province sostengono che la normativa attuale impedisca uno “sviluppo economico sostenibile” senza compromettere le future generazioni.

Il comunicato presidenziale afferma che la nuova legge stabilirà “regole chiare”, proteggendo i ghiacciai con un’effettiva funzione idrica e rafforzando gli standard ambientali, ma eliminando al contempo la “discrezionalità che, con pretesti ideologici, ha ostacolato lo sviluppo”. L’esecutivo invoca gli articoli 41 e 124 della Costituzione, che sanciscono la necessità di proteggere l’ambiente senza impedire lo sviluppo umano e riconoscono la proprietà provinciale delle risorse naturali.

Cosa cambia: il focus sull’ambiente periglaciale

Il cuore della riforma risiede nella modifica delle restrizioni sulle attività industriali nelle aree periglaciali. La legge attuale vieta l’esplorazione e lo sfruttamento minerario e di idrocarburi, l’uso di sostanze chimiche contaminanti e la costruzione di opere che possano alterare la struttura del ghiaccio o la qualità dell’acqua sia sui ghiacciai che nelle zone periglaciali.

Il nuovo progetto di legge propone di mantenere questi divieti solo per i ghiacciai, liberalizzando di fatto le attività nelle aree circostanti. Inoltre, le attività sarebbero proibite solo se modificassero “considerevolmente” la struttura glaciale, un termine che secondo i critici introduce un’ampia discrezionalità. Uno dei punti più controversi è il trasferimento del potere decisionale alle province per quanto riguarda la delimitazione delle aree protette e l’autorizzazione di progetti minerari. Questo, secondo il governo, rafforzerebbe il ruolo delle autorità locali nella valutazione dell’impatto ambientale.

La definizione stessa di “ghiacciaio” è al centro del dibattito. La legge del 2010 adotta una definizione ampia, che include non solo le grandi masse di ghiaccio ma anche i cosiddetti “ghiacciai di roccia” e il permafrost, considerati riserve idriche strategiche. I gruppi industriali, come la Camera Mineraria Argentina, sostengono da tempo che questa definizione sia troppo estesa e blocchi progetti anche dove il contenuto di ghiaccio è minimo.

Le reazioni: un fronte di opposizione ambientalista e scientifica

La proposta di Milei ha immediatamente sollevato un’ondata di critiche da parte di organizzazioni ambientaliste, scienziati e comunità locali, che vedono nella riforma una grave minaccia per le riserve di acqua dolce del paese. Movimenti come la “Piattaforma Plurinazionale in Difesa dei Ghiacciai” hanno già organizzato manifestazioni in oltre 30 città, denunciando che la modifica favorirebbe le multinazionali minerarie a scapito delle risorse idriche essenziali per intere regioni.

I critici sottolineano che il progetto viola il principio di non regressione in materia ambientale, sancito anche da accordi internazionali come l’Accordo di Escazú, ratificato dall’Argentina. Esperti dell’Istituto Argentino di Nivologia, Glaciologia e Scienze Ambientali (IANIGLA), che contribuirono alla stesura della legge originale, avvertono che gran parte delle riserve idriche glaciali proviene proprio da quelle formazioni periglaciali che la riforma intenderebbe escludere dalla protezione totale.

Un’altra forte preoccupazione riguarda i ghiacciai di dimensioni inferiori a un ettaro. Secondo alcune interpretazioni, la riforma potrebbe escluderli dalla protezione, condannando alla distruzione migliaia di piccole riserve idriche cruciali per le province andine. Si teme che, sebbene i famosi ghiacciai della Patagonia come il Perito Moreno non siano direttamente minacciati da progetti minerari, l’indebolimento della legge crei un precedente pericoloso per l’intero ecosistema montano del paese.

Il contesto politico ed economico

La spinta per la riforma si inserisce in una più ampia strategia del governo Milei, orientata a deregolamentare l’economia e attrarre investimenti stranieri per affrontare la grave crisi economica del paese. Il presidente, che ha definito il cambiamento climatico una “menzogna socialista”, sta promuovendo un modello di sviluppo basato sull’estrattivismo, come dimostra anche la “Legge sulle Basi” che incentiva grandi investimenti in settori come l’energia e le miniere.

Il governo non ha la maggioranza in Congresso e dovrà negoziare con i blocchi provinciali per far approvare la riforma. L’inclusione della legge sui ghiacciai nelle sessioni straordinarie è vista come una mossa strategica per ottenere il sostegno delle province minerarie in cambio di voti su altre riforme chiave, come il bilancio 2026 e la modernizzazione del lavoro. Tuttavia, la forte opposizione sociale e le proteste in corso potrebbero rappresentare un ostacolo significativo per i piani dell’esecutivo.

Di atlante

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